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mercoledì 2 marzo 2016

La Giudeata e gli altri riti della Settimana Santa nell'Amiata e in Val d'Orcia

Un'importante occasione di festa collettiva è rappresentata dal ciclo della Settimana Santa, che sull’Amiata e in Val d'Orcia ha ancora momenti di profondità e spettacolarità.
Durante questo periodo, che precede la Santa Pasqua, ai riti liturgici s'affiancano usanze e manifestazioni tipiche della religiosità popolare.
Prima fra queste la tradizione d'intrecciare artisticamente i ramoscelli d'olivo, spesso adornati con immaginette sacre, per la Domenica delle Palme o dell’Olivo. L’olivo sarà poi conservato nella cucina o più spesso nella camera da letto, quale elemento simbolico di protezione della casa e del nucleo familiare. Parte dell’olivo benedetto sarà poi utilizzato nella preparazione delle croci augurali per la Festa di Santa Croce, il 3 del mese di maggio, per la benedizione dei campi.

In molti paesi sopravvive la tradizione di adornare il Sepolcro all’altare con fiori e piante di veccia, fatta crescere, fin dall’inizio della Quaresima, nel buio della cantina: senza la luce, i sottili steli assumono una colorazione chiara e delicata, simbolo di rinnovata purezza. Si può ancora osservare l'usanza di adornare il Sepolcro con la veccia a Campiglia d’Orcia, Seggiano, Pescina, Castel del Piano, Arcidosso, Montelaterone.

Ugualmente ancora diffusa, durante il periodo della legatura delle campane, è la riproduzione di suoni con strumenti di varia tipologia, costruiti con legno e canna: a Piancastagnaio la tiri-battola (tavola con ferri incernierati-mobili) e il macinino (la cassetta), a Contignano il barrocchiale, a Radicofani il regolone, a Vivo d’Oncia la regola. In passato l’uso di questi strumenti era comune a ogni singola comunità paesana, dove i ragazzi percorrevano le strade annunciando il mezzogiorno e l’inizio delle funzioni religiose col suono degli strumenti, alternato al canto di frasi stereotipate (i cenni):“Donne e omini levate il pane dal forno che si sona mezzogiorno” (Montenero); “Donne mettete il capo nel catino si sona il Mattutino” (Roccalbegna); “Donne fate leste che il prete è in sacrestia che si veste" (Bagnolo).

Molto seguite erano le processioni e le sacre rappresentazioni, soprattutto quelle legate al Venerdì Santo con le Giudeate, di recente riprese in alcuni paesi. La rappresentazione della Passione avveniva in una particolare atmosfera, coi figuranti che indossavano i costumi di Gesù, delle Tre Marie, di Pilato, del cireneo, degli Apostoli, del centurione a cavallo, dei soldati romani, dei Giudei. La solenne processione si fermava poi nelle piazzette dove si sviluppavano le azioni dei misteri. Il popolo vi partecipava, spettatore e attore, con una profonda disposizione d'animo, ben diversa da altre forme di rito o spettacolo. Le strade erano illuminate con lumi a olio e fuochi di fascine, tra un'ininterrotta distesa di tovaglie e coperte alle finestre. Alle processioni partecipavano le confraternite religiose coi vessilli, le cappe multicolori o nere, i lampioni, il mazziere e solitamente erano proprio i “confratelli”, col cappuccio calato sul viso, a portare la statua di Cristo morto.

Ai nostri giorni, il rito della processione del Venerdì Santo è ancora ben rappresentato in numerosi paesi: alcuni uomini portano pesanti croci per penitenza (Campiglia d’Orcia, Montelaterone e Castiglioncello Bandini), mentre le donne o le ragazze portano la statua della Madonna addolorata e i bambini la simbologia della croce. Particolarmente suggestiva è la rappresentazione del Venerdì Santo a Piancastagnaio, coi tre uomini incappucciati e dal volto coperto per mantenere l’anonimato che a piedi scalzi portano pesanti croci di legno sulle spalle, il centurione e i quattro soldati romani in costume, le confraternite della Misericordia, del Sacro Cuore e di San Filippo Neri, i bambini coi simboli della croce e gli agnellini, mentre si intravedono le lanterne colorate alle finestre, i fuochi di tralci di vite e olivo, i lumini d'argilla con le pannocchie di granturco lungo le strade.

Sopravvive a Radicofani, nella chiesa di Sant'Agata, l’usanza di allestire il Calvario, decorando con rami e foglie verdi lo spazio dell’altar maggiore, sul quale viene fissata una grande croce: e ai lati del Calvario, nei giorni del Giovedì e del Venerdì Santo, vegliano due “fratelli” della Compagnia di Sant'Agata con le cappe rosse.

(di Roberto Cappelli)

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