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giovedì 11 febbraio 2016

Città del Vino in allarme per la legge sui Comuni

A rischio denominazioni come Barolo e Montalcino.
L’accorpamento dei Comuni sotto i 5mila abitanti, effettivo se dovesse passare la proposta di legge 3420, metterebbe a rischio molte note denominazioni. E l’associazione Città del Vino non ci sta.

Se il Comune di Barolo venisse accorpato ad un altro Comune vicino, perdendo il suo nome d'origine, avrebbe ancora senso il vino omonimo? È questo il senso dell'allarme lanciato dall'associazione Città del Vino di fronte alla proposta di legge 3420 che prevede l'accorpamento dei Comuni sotto i 5 mila abitanti. In questa casistica rientrerebbero tutti quei piccoli paesi legati a delle denominazioni: Barolo (739 abitanti), Scansano (4500 abitanti), Barbaresco (670 abitanti) e tanti altri. Si salverebbe, per il momento e sul filo del rasoio, Montalcino con 5.139 anime. Ma solo a condizione che non abbassi il tasso di natalità. “La nostra vitivinicoltura di qualità ha la specificità di essere prodotta in tanti Comuni sotto i 5 mila abitanti” spiegail direttore di Città del Vino, Paolo Benvenuti “In questa prospettiva la proposta di legge sullo scioglimento dei piccoli Comuni rischia di mandare in tilt il nostro sistema di qualità”.

Il disciplinare delle denominazioni. Le conseguenze. Ma cerchiamo di capire meglio. Quali sarebbero i rischi reali che correrebbero questi comuni vitivinicoli e con essi tutto il sistema vino? “I casi sono diversi” spiega a Tre Bicchieri Paolo Corbini “potrebbero perdere il loro nome o tenerlo, ma solo in quanto frazione di un Comune più grande. In quest'ultimo caso potrebbe essere necessaria una riformulazione del disciplinare dei vini lì dove si fa riferimento al Comune. E se per caso qualche produttore del territorio accorpato rivendicasse la possibilità di fare a sua volta Barolo, Barbaresco o Brunello solo perché inglobato nel Comune? La possibilità di nuovi contenziosi o di pratiche burocratiche per adattare i disciplinari sarebbero una possibile e diretta conseguenza di cui il vino, in questo momento, non ha di certo bisogno”.

E veniamo alle proposte per evitare che tutto ciò si avveri. “Di sicuro i fini del testo sono condivisibili:” continua Corbini“razionalizzazioni delle risorse, tagli alle spese, soluzione agli sprechi. Ma è anche vero che certe leggi non possono cadere dall'alto sui Comuni senza tener conto delle loro esigenze. Bisogna garantire l'autodeterminazione di ogni territorio, soprattutto lì dove c'è un legame col vino così forte. Il criterio numerico non regge, sarebbe più giusto adottare quello identitario”.

L’identità del vitigno e il vino patrimonio culturale. In questo senso si inserisce la proposta del presidente dell'associazione Floriano Zambon di introdurre nel Testo Unico in corso di redazione “la caratteristica identitaria dei vitigni”, in modo che qualunque sia il destino della proposta di legge, le denominazioni possano rimanere tali. E poi rilancia con un'altra soluzione: “accelerare sull'approvazione della proposta di legge che riconosce il mondo del vino italiano come patrimonio culturale”. Proposta di legge suggerita dalle stesse Città del Vino qualche mese fa, che si ispira al modello francese e che permetterebbe di trattare il vino come patrimonio a sé e quindi in qualche modo 'protetto' anche dalle stesse leggi, in virtù delle sue implicazioni sul paesaggio e sull’ecosistema, ma anche sul turismo con tutto quello che di positivo ne consegue in termini economici e sociali.

(A cura di Loredana Sottile - tratto da: www.gamberorosso.it)

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