Una partenza che è un addio ma anche un “arrivederci”. E’ quello della Comunità Premostratense di Sant’Antimo a Montalcino che a fine novembre lascerà l’Abbazia per trasferirsi nel sud della Francia.
Non per propria scelta ma «una delle tante sfide che il Signore ti pone nella vita per non lamentarsi sempre e vedere il lato positivo delle cose» spiega
ad agenziaimpress.it il priore dell’Abbazia di Sant’Antimo, padre Giancarlo. Il 22 novembre la messa di saluto. Il trasferimento si è reso necessario per dare nuova linfa alla comunità dei frati nell’Abbazia Premostratense di San Michele di Frigolet vicino ad Avignone (Francia), dove attualmente sono rimasti solo due religiosi e in età avanzata. Al momento dei sei frati (di età compresa tra i 40 e 84 anni) presenti in terra senese partiranno solo in quattro, mentre i due che resteranno si occuperanno del passaggio di testimone con i futuri occupanti.
«Rumors parlano dei monaci benedettini dalla vicina abbazia di Monte Oliveto – aggiunge padre Giancarlo – ma non ci sono conferme ufficiali». L’unica cosa certa è che domenica 22 novembre «con la morte nel cuore - scrive il priore sul sito dell’abbazia di Sant’Antimo - durante la messa delle ore 17.00 celebrata dal nostro Arcivescovo di Siena, abbiamo salutato la comunità ilcinense e le altre comunità che abbiamo servito e che tanto ci hanno dato in questi trentasei anni ed alle quali così tanto siamo e resteremo legati». Un sentimento profondo che per i frati Premostratensi è una vocazione che ha radici lontane, in quei tre “impegni” che ogni religioso appartenente a quest’ordine si assume pronunciando la professione solenne: la vita comune secondo il modello degli Apostoli; la vita in comunione con la Chiesa locale, la vita al servizio del popolo di Dio.L’auspicio per i successori: «Comprendano il carisma della comunità» «Noi siamo preti di “vita comune” – spiega padre Giancarlo – e come tali vivendo questo territorio negli anni ci siamo impegnati per la promozione di corsi di accoglienza, di canto e matrimoniali ma abbiamo dato anche nuovo lustro all’Abbazia di Sant’Antimo da noi riaperta nel 1992 e che prima del nostro arrivo alla fine degli anni Settanta, era stata chiusa per 500 anni, dal 1439 per decisione di Papa Pio II”. «Personalmente sono attaccato a questa comunità – aggiunge padre Giancarlo – con la quale ho condiviso 33 anni di vita e con cui ho sviluppato una certa affinità. Ma quella che la Provvidenza mi ha posto davanti è una nuova sfida che va affrontata con determinazione e positività».
Così attaccato a Sant’Antimo che padre Giancarlo lascerà in dote un libro, che è un atto d’amore all’Abbazia. Si intitola “Una finestra aperta, la chiesa abbaziale di Sant’Antimo” ed è un viaggio all’interno del complesso fino alla porta che conduce al Regno, un reportage che comincia nel momento in cui padre Giancarlo decide di donarsi alla vita monastica e che racconta l’essenza di un luogo di culto, cuore pulsante di qualcosa che è più grande di noi. Un lascito importante anche per chi verrà dopo. «L’auspicio della nostra comunità – sottolinea il priore – è che chi verrà dopo di noi sappia comprendere l’importanza di questa Abbazia e il carisma della comunità che vi è attorno. Trent’anni fa la Provvidenza ci ha fatto comprendere quanto ancora questa struttura abbandonata poteva dare e oggi è meta di pellegrini da tutto il mondo». Una visita all’Abbazia di Sant’Antimo come tappa di un viaggio, proprio come quello che padre Giancarlo e i suo fratelli stanno per intraprendere. E d’obbligo è la domanda se “da turista” tornerà a visitare Montalcino e la sua Abbazia: «Penso proprio di sì. Appena e se ci sarà l’occasione tornerò a Sant’Antimo» conclude padre Giancarlo.
(di Andrea Cappelli)
Non per propria scelta ma «una delle tante sfide che il Signore ti pone nella vita per non lamentarsi sempre e vedere il lato positivo delle cose» spiega
ad agenziaimpress.it il priore dell’Abbazia di Sant’Antimo, padre Giancarlo. Il 22 novembre la messa di saluto. Il trasferimento si è reso necessario per dare nuova linfa alla comunità dei frati nell’Abbazia Premostratense di San Michele di Frigolet vicino ad Avignone (Francia), dove attualmente sono rimasti solo due religiosi e in età avanzata. Al momento dei sei frati (di età compresa tra i 40 e 84 anni) presenti in terra senese partiranno solo in quattro, mentre i due che resteranno si occuperanno del passaggio di testimone con i futuri occupanti.
«Rumors parlano dei monaci benedettini dalla vicina abbazia di Monte Oliveto – aggiunge padre Giancarlo – ma non ci sono conferme ufficiali». L’unica cosa certa è che domenica 22 novembre «con la morte nel cuore - scrive il priore sul sito dell’abbazia di Sant’Antimo - durante la messa delle ore 17.00 celebrata dal nostro Arcivescovo di Siena, abbiamo salutato la comunità ilcinense e le altre comunità che abbiamo servito e che tanto ci hanno dato in questi trentasei anni ed alle quali così tanto siamo e resteremo legati». Un sentimento profondo che per i frati Premostratensi è una vocazione che ha radici lontane, in quei tre “impegni” che ogni religioso appartenente a quest’ordine si assume pronunciando la professione solenne: la vita comune secondo il modello degli Apostoli; la vita in comunione con la Chiesa locale, la vita al servizio del popolo di Dio.L’auspicio per i successori: «Comprendano il carisma della comunità» «Noi siamo preti di “vita comune” – spiega padre Giancarlo – e come tali vivendo questo territorio negli anni ci siamo impegnati per la promozione di corsi di accoglienza, di canto e matrimoniali ma abbiamo dato anche nuovo lustro all’Abbazia di Sant’Antimo da noi riaperta nel 1992 e che prima del nostro arrivo alla fine degli anni Settanta, era stata chiusa per 500 anni, dal 1439 per decisione di Papa Pio II”. «Personalmente sono attaccato a questa comunità – aggiunge padre Giancarlo – con la quale ho condiviso 33 anni di vita e con cui ho sviluppato una certa affinità. Ma quella che la Provvidenza mi ha posto davanti è una nuova sfida che va affrontata con determinazione e positività».
Così attaccato a Sant’Antimo che padre Giancarlo lascerà in dote un libro, che è un atto d’amore all’Abbazia. Si intitola “Una finestra aperta, la chiesa abbaziale di Sant’Antimo” ed è un viaggio all’interno del complesso fino alla porta che conduce al Regno, un reportage che comincia nel momento in cui padre Giancarlo decide di donarsi alla vita monastica e che racconta l’essenza di un luogo di culto, cuore pulsante di qualcosa che è più grande di noi. Un lascito importante anche per chi verrà dopo. «L’auspicio della nostra comunità – sottolinea il priore – è che chi verrà dopo di noi sappia comprendere l’importanza di questa Abbazia e il carisma della comunità che vi è attorno. Trent’anni fa la Provvidenza ci ha fatto comprendere quanto ancora questa struttura abbandonata poteva dare e oggi è meta di pellegrini da tutto il mondo». Una visita all’Abbazia di Sant’Antimo come tappa di un viaggio, proprio come quello che padre Giancarlo e i suo fratelli stanno per intraprendere. E d’obbligo è la domanda se “da turista” tornerà a visitare Montalcino e la sua Abbazia: «Penso proprio di sì. Appena e se ci sarà l’occasione tornerò a Sant’Antimo» conclude padre Giancarlo.
(di Andrea Cappelli)