Battaglia sui prezzi per esporre nel palazzo allestito da Ministero dell'Agricoltura e Vinitaly: Niente Brunello di Montalcino, Barbera, Dolcetto d’Asti e bollicine della Franciacorta.
Il padiglione del vino all’Expo del 2015, un progetto firmato Ministero dell’Agricoltura e Veronafiere, sta
incassando i no dei principali consorzi vitivinicoli nazionali. Il motivo? Il costo di adesione, bollato come troppo alto. Così la biblioteca del vino, un’antologia di oltre mille etichette da degustare nel cuore del padiglione, rischia di rimanere a corto dei grandi classici, come il Barolo e i rossi delle Langhe, gli spumanti che hanno reso famosa la Franciacorta, il Brunello senese. I grandi consorzi si stanno organizzando al di fuori degli spazi espositivi che sorgeranno di fronte a Palazzo Italia, nell’area del Cardo, dove i cantieri sono partiti con mesi di ritardo.
Il padiglione occuperà circa mille metri quadri: il Ministero dell’Agricoltura ha staccato un assegno di tre milioni di euro e, con chiamata diretta, ha affidato a Veronafiera, che da 48 anni organizza il più grande salone del vino in Italia, Vinitaly, il compito di sviluppare il progetto. L’ente fieristico veneto ha versato altri due milioni di euro. E stabilito le tariffe che hanno sollevato un polverone. Da Veronafiera si difendono. «Altro che alte, sono sottocosto – replica il manager Gianni Bruno –. I prezzi sono strutturati per permettere a un’azienda di essere a Expo con 3.500 euro e nel prezzo è compreso tutto. Alla fiera di Hong Kong ci vogliono 500 euro per tre giorni. E infatti abbiamo già il 70% degli spazi prenotati».
I consorzi del vino, però, si tengono lontani. Più ampi sono gli spazi, più alto è il numero di wine dispenser (i contenitori che distribuiranno i vini) da prenotare e di bottiglie da fornire. E di conseguenza il prezzo. Fino a punte di 500-600mila euro per sei mesi, che hanno fatto impallidire le associazioni territoriali. «Ci hanno chiesto 250mila euro, stiamo trattando la tariffa – spiega Giampiero Pazzaglia, coordinatore del Consorzio del Brunello di Montalcino –. A questo prezzo non ce la facciamo. Quindi stiamo valutando se stare per pochi mesi e poi aprire uno spazio esterno. Oppure aderire al padiglione della Toscana».
«Non è solo un problema di costo, che è molto alto, ma anche di progettualità – lamenta Giorgio Bosticco, presidente del Consorzio per la tutela dell’Asti –. Che senso ha infilarci in quella batteria di dispenser senza un disegno di marketing e comunicazione? Noi vogliamo lavorare più sulla denominazione che sulla marca. Anche se dicono che stanno vendendo gli spazi, non è quella la strada». Tanto che Bosticco, come numero uno di «Piemonte Land», il consorzio dei consorzi (ci sono dentro quelli di Barolo Barbaresco Langhe e Dogliani, Brachetto d’Acqui, Asti docg, Gavi, Barbera Vini Asti e Monferrato e Vignaioli Piemontesi) sta mettendo a punto con la Regione un progetto alternativo. Anche il Consorzio del San Colombano ha bussato alle porte della Regione, questa volta Lombardia, per chiedere uno spazio nel suo padiglione. «I costi di Veronafiere sono spropositati per una piccola realtà come la nostra», spiega uno dei fondatori, Carlo Giovanni Pietrasanta.
E anche Coldiretti offrirà stand ai vinicoltori. Veronafiera spiega che non abbasserà le tariffe e insiste sui servizi offerti, tra cui la vendita online delle bottiglie e l’acquisto del vino per rabboccare i dispenser, se quello fornito non dovesse bastare. «La Sicilia è dei nostri», aggiunge Bruno. La Franciacorta, invece, ha aggirato problema e padiglione: le bollicine bresciane infatti saranno lo sponsor ufficiale dei brindisi di Expo.
(tratto da http://www.ilgiorno.it)
Il padiglione del vino all’Expo del 2015, un progetto firmato Ministero dell’Agricoltura e Veronafiere, sta
incassando i no dei principali consorzi vitivinicoli nazionali. Il motivo? Il costo di adesione, bollato come troppo alto. Così la biblioteca del vino, un’antologia di oltre mille etichette da degustare nel cuore del padiglione, rischia di rimanere a corto dei grandi classici, come il Barolo e i rossi delle Langhe, gli spumanti che hanno reso famosa la Franciacorta, il Brunello senese. I grandi consorzi si stanno organizzando al di fuori degli spazi espositivi che sorgeranno di fronte a Palazzo Italia, nell’area del Cardo, dove i cantieri sono partiti con mesi di ritardo.
Il padiglione occuperà circa mille metri quadri: il Ministero dell’Agricoltura ha staccato un assegno di tre milioni di euro e, con chiamata diretta, ha affidato a Veronafiera, che da 48 anni organizza il più grande salone del vino in Italia, Vinitaly, il compito di sviluppare il progetto. L’ente fieristico veneto ha versato altri due milioni di euro. E stabilito le tariffe che hanno sollevato un polverone. Da Veronafiera si difendono. «Altro che alte, sono sottocosto – replica il manager Gianni Bruno –. I prezzi sono strutturati per permettere a un’azienda di essere a Expo con 3.500 euro e nel prezzo è compreso tutto. Alla fiera di Hong Kong ci vogliono 500 euro per tre giorni. E infatti abbiamo già il 70% degli spazi prenotati».
I consorzi del vino, però, si tengono lontani. Più ampi sono gli spazi, più alto è il numero di wine dispenser (i contenitori che distribuiranno i vini) da prenotare e di bottiglie da fornire. E di conseguenza il prezzo. Fino a punte di 500-600mila euro per sei mesi, che hanno fatto impallidire le associazioni territoriali. «Ci hanno chiesto 250mila euro, stiamo trattando la tariffa – spiega Giampiero Pazzaglia, coordinatore del Consorzio del Brunello di Montalcino –. A questo prezzo non ce la facciamo. Quindi stiamo valutando se stare per pochi mesi e poi aprire uno spazio esterno. Oppure aderire al padiglione della Toscana».
«Non è solo un problema di costo, che è molto alto, ma anche di progettualità – lamenta Giorgio Bosticco, presidente del Consorzio per la tutela dell’Asti –. Che senso ha infilarci in quella batteria di dispenser senza un disegno di marketing e comunicazione? Noi vogliamo lavorare più sulla denominazione che sulla marca. Anche se dicono che stanno vendendo gli spazi, non è quella la strada». Tanto che Bosticco, come numero uno di «Piemonte Land», il consorzio dei consorzi (ci sono dentro quelli di Barolo Barbaresco Langhe e Dogliani, Brachetto d’Acqui, Asti docg, Gavi, Barbera Vini Asti e Monferrato e Vignaioli Piemontesi) sta mettendo a punto con la Regione un progetto alternativo. Anche il Consorzio del San Colombano ha bussato alle porte della Regione, questa volta Lombardia, per chiedere uno spazio nel suo padiglione. «I costi di Veronafiere sono spropositati per una piccola realtà come la nostra», spiega uno dei fondatori, Carlo Giovanni Pietrasanta.
E anche Coldiretti offrirà stand ai vinicoltori. Veronafiera spiega che non abbasserà le tariffe e insiste sui servizi offerti, tra cui la vendita online delle bottiglie e l’acquisto del vino per rabboccare i dispenser, se quello fornito non dovesse bastare. «La Sicilia è dei nostri», aggiunge Bruno. La Franciacorta, invece, ha aggirato problema e padiglione: le bollicine bresciane infatti saranno lo sponsor ufficiale dei brindisi di Expo.
(tratto da http://www.ilgiorno.it)