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A Montalcino lezioni di Brunello

Un Cucinelli che va controcorrente.
MONTALCINO - VAL D'ORCIA: In una serata finalmente tiepida, appena rinfrescata da un tenue venticello, la trecentesca fortezza di Montalcino, landmark della piccola fiera città che alza il suo profilo crestato a sud di Siena, è stata espugnata da un Brunello diverso da quello divenuto nel nostro tempo il più celebrato vino rosso italiano.

C’erano tutti o quasi; c’era (festeggiatissimo) Piero Palmucci, emozionato e superchic, venuto dalla vicina maremma a sentire le voci e ritrovare gli echi del suo appassionato lavoro che ci ha regalato il Brunello di Poggio di Sotto; c’erano tantissimi uomini (e poche donne) della banca – venuti ad ascoltare il loro AD –, c’erano molti produttori del mitico vino, c’era un bel po’ di gente di Montalcino – con sindaco in testa (ma pure il vice sindaco e alcuni assessori), c’era – anch’esso sul palco della tavola rotonda – il presidente del consorzio, Bindocci; c’era soprattutto lui, il Brunello che non è vino ma che – pur avvolto nel cashmere – è rimasto legato al suo spirito contadino.
E da “contadino” lungimirante, addirittura futurologo, ha parlato. Pienamente cosciente del tempo che viviamo, con una capacità di comunicare davvero straordinaria che gli viene dall’onestà intellettuale, ha detto.
Ha soprattutto contraddetto lo stile italiano più praticato attualmente – numeri che devono crescere, popolarità, promozione a tutto campo – ammonendo e invitando a dare il valore di esclusività alla terra e alla bellezza dei luoghi (il suo luogo natio e quello di cui era ospite) e al lavoro delle “mani” che ha definito “irrinunciabile”, alla sapienza degli artigiani e degli operai artigiani con un importante inciso sui costi del loro lavoro che deve essere adeguatamente retribuito. Ma quello che mi ha colpito personalmente è la lucida lungimiranza con cui ha messo sotto gli occhi degli astanti (e dei compagni di tavola rotonda) il valore del paesaggio, della terra (è come oro), della bellezza. Beni che vanno – insieme ai prodotti che ne nascono – non tanto affannosamente promossi in nome di un turismo di massa e del bottom line del fatturato (“anch’io devo fare i conti con la semestrale!”), quanto amati e ‘tenuti stretti’, cioè non sfruttati ad libitum per cavarne tutto ciò che è possibile, pensando invece al futuro; e mi pare di aver ascoltato, per la prima volta forse, un imprenditore che usa le parole conoscendone il significato, senza cadere nelle trappole della vulgata ‘democratica’, e che finalmente ragiona su una qualità della vita che contiene pensiero e non solo accumulo.
La piacevolezza dell’abbinamento tra i pantaloni cargo di colore bruno un po’ tostato e il blu spento della giacca (sopra una tshirt la cui semplicità mi ha ricordato il Giorgio di Piacenza che è sempre nel mio cuore), la faccia ben scolpita che sprizza intelligenza, hanno contribuito a polarizzare la mia attenzione su di lui. Forse un po’ a scapito degli altri protagonisti – certo notevoli, tutti, con contributi e dichiarazioni – di una serata molto ben organizzata e coronata dal Brunello di Montalcino: l’ingrediente più atteso da tutti.
(di Silvana biasutti - www.ilcittadinoonline.it