di Silvana Biasutti
(VAL D'ORCIA - terra d'eccellenza, n°13)
Se non fosse drammatico ci sarebbe da ridere, di questa Italia rovesciata, in cui i cittadini hanno chiesto a gran voce di tornare ad eleggere i propri rappresentanti e – in un susseguirsi di governi abitati da non eletti – si modificano “finalmente” le regole affinché … non si eleggano più manco in futuro …
Se dei russi ci piacevano Lev Tolstoj, la bella lingua musicale, lo Sputnik, e naturalmente Vladimir Nabokov con i
suoi ricordi colti e sardonici, ora ci deve piacere anche che i russi abbiano agilmente conquistato il controllo della Pirelli? – un’azienda sana, un vero made in Italy, non per modo di dire – e, si presume, acquisiranno anche il controllo dei guadagni di suddetta azienda; poi magari si passerà a pesare anche il valore specifico del marchio e da quella fase a creare un Pirelli “made in Italy” alla russa, il passo non è per niente impegnativo, anzi, sarà naturale. Mi immagino le ceneri di Leopoldo Pirelli tramutate in micro scintille ribelli …
Se un docente del Politecnico di Milano scrive a un noto quotidiano per contestare una lettera uscita su quello stesso giornale, giorni prima, uno dovrebbe compiacersi di questi rapporti dialettici così democratici. Ma il docente del Politecnico rispondeva a un lettore di quel giornale che – a mio avviso giustamente – si era scandalizzato per i master tenuti obbligatoriamente in inglese, domandandosi se non fosse stato più giusto immaginare l’inglese come lingua tassativa, ma seconda dopo l’italiano che (per ora) è la lingua del paese in cui si laureano quelli del Politecnico di Milano. E non consola affatto la missiva del suddetto docente, il quale controbatte portando ad esempio la Normale di Pisa dove accade la stessa cosa. Anche Pisa è (per ora, finché non se la compra un oligarca di passaggio) italiana ed è strano anche lì, che l’italiano venga escluso come prima lingua di un corso di laurea. Sì però, a sostegno dell’inglese – argomentano i docenti in questione – c’è che si tratta di materie che corrispondono a lavori – attività lavorative – che vengono attuate in inglese. Chissà come mai, uno si chiede e una delle risposte è che se si gioca al ribasso sulla propria lingua (basta leggere quello che scrivono i laureati dell’ultima generazione, anche quelli col diploma in giurisprudenza ahimè) questa sarà sempre più esclusa dal mondo del lavoro negli altri paesi; ma ora anche in Italia.
Se cerco di consolarmi da tutto questo, magari posso andare a farmi un giro in una delle belle piazze (per ora) italiane; le targhe sono ancora nella lingua di Dante, le insegne pure (salvo qualche ‘zimmer frei’ scritto da quelli che non hanno ancora capito che i tedeschi – nonostante la loro splendida lingua – amano molto l’italiano e cercano di impararlo e di parlarlo, quando vengono a visitare il nostro paese), i palazzi magari saranno ormai divenuti per la maggior parte proprietà di qualche fondo americano, ma non sono ancora stati smontati pietra su pietra (numerate le pietre) e ricostruiti oltreoceano, com’è successo a The Cloisters, con i chiostri del Mediterraneo, in cima a Manhattan; e il fascino delle belle piazze italiane è (finora) pressoché intatto. Talmente fascinose e scenografiche, certe piazze, da essere cedute come scenario perfetto per “aggiungere valore” a qualche prodotto che una volta era made in Italy… e fa niente se nello sforzo di aggiungere valore al marchio, ci si sputtana un po’, è l’economia, bellezza! Così abbiamo persino visto una moto “camminare sulle acque” della vasca di Santa Caterina, con buona pace di Tarkovskij che tanto non c’è più (e con il suo film si potrebbe pure produrre un adattamento per un commercial per la stessa moto); e allora chissà che un giorno un F35 tutto lustro non venga parcheggiato in Piazza del Campo, quale estrema piaggeria nei confronti dell’amico americano o magari per convincere il popolo della sua indispensabilità
* Dante Alighieri LaDivinaCommedia- (Purgatorio- cantoVI)
(VAL D'ORCIA - terra d'eccellenza, n°13)
Se non fosse drammatico ci sarebbe da ridere, di questa Italia rovesciata, in cui i cittadini hanno chiesto a gran voce di tornare ad eleggere i propri rappresentanti e – in un susseguirsi di governi abitati da non eletti – si modificano “finalmente” le regole affinché … non si eleggano più manco in futuro …
Se dei russi ci piacevano Lev Tolstoj, la bella lingua musicale, lo Sputnik, e naturalmente Vladimir Nabokov con i
suoi ricordi colti e sardonici, ora ci deve piacere anche che i russi abbiano agilmente conquistato il controllo della Pirelli? – un’azienda sana, un vero made in Italy, non per modo di dire – e, si presume, acquisiranno anche il controllo dei guadagni di suddetta azienda; poi magari si passerà a pesare anche il valore specifico del marchio e da quella fase a creare un Pirelli “made in Italy” alla russa, il passo non è per niente impegnativo, anzi, sarà naturale. Mi immagino le ceneri di Leopoldo Pirelli tramutate in micro scintille ribelli …
Se un docente del Politecnico di Milano scrive a un noto quotidiano per contestare una lettera uscita su quello stesso giornale, giorni prima, uno dovrebbe compiacersi di questi rapporti dialettici così democratici. Ma il docente del Politecnico rispondeva a un lettore di quel giornale che – a mio avviso giustamente – si era scandalizzato per i master tenuti obbligatoriamente in inglese, domandandosi se non fosse stato più giusto immaginare l’inglese come lingua tassativa, ma seconda dopo l’italiano che (per ora) è la lingua del paese in cui si laureano quelli del Politecnico di Milano. E non consola affatto la missiva del suddetto docente, il quale controbatte portando ad esempio la Normale di Pisa dove accade la stessa cosa. Anche Pisa è (per ora, finché non se la compra un oligarca di passaggio) italiana ed è strano anche lì, che l’italiano venga escluso come prima lingua di un corso di laurea. Sì però, a sostegno dell’inglese – argomentano i docenti in questione – c’è che si tratta di materie che corrispondono a lavori – attività lavorative – che vengono attuate in inglese. Chissà come mai, uno si chiede e una delle risposte è che se si gioca al ribasso sulla propria lingua (basta leggere quello che scrivono i laureati dell’ultima generazione, anche quelli col diploma in giurisprudenza ahimè) questa sarà sempre più esclusa dal mondo del lavoro negli altri paesi; ma ora anche in Italia.
Se cerco di consolarmi da tutto questo, magari posso andare a farmi un giro in una delle belle piazze (per ora) italiane; le targhe sono ancora nella lingua di Dante, le insegne pure (salvo qualche ‘zimmer frei’ scritto da quelli che non hanno ancora capito che i tedeschi – nonostante la loro splendida lingua – amano molto l’italiano e cercano di impararlo e di parlarlo, quando vengono a visitare il nostro paese), i palazzi magari saranno ormai divenuti per la maggior parte proprietà di qualche fondo americano, ma non sono ancora stati smontati pietra su pietra (numerate le pietre) e ricostruiti oltreoceano, com’è successo a The Cloisters, con i chiostri del Mediterraneo, in cima a Manhattan; e il fascino delle belle piazze italiane è (finora) pressoché intatto. Talmente fascinose e scenografiche, certe piazze, da essere cedute come scenario perfetto per “aggiungere valore” a qualche prodotto che una volta era made in Italy… e fa niente se nello sforzo di aggiungere valore al marchio, ci si sputtana un po’, è l’economia, bellezza! Così abbiamo persino visto una moto “camminare sulle acque” della vasca di Santa Caterina, con buona pace di Tarkovskij che tanto non c’è più (e con il suo film si potrebbe pure produrre un adattamento per un commercial per la stessa moto); e allora chissà che un giorno un F35 tutto lustro non venga parcheggiato in Piazza del Campo, quale estrema piaggeria nei confronti dell’amico americano o magari per convincere il popolo della sua indispensabilità
* Dante Alighieri LaDivinaCommedia- (Purgatorio- cantoVI)