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1944: sulla guerra a Torrenieri e in Val d'Orcia

Aerei su Braccagni, Grosseto
di Alberto Cappelli        
(VAL D'ORCIA - terra d'eccellenza, n°13)
Questo racconto sulla guerra a Torrenieri e in Val d'Orcia, è dedicato alle nuove generazioni che poco o nulla conoscono degli avvenimenti tragici di quel periodo.
L'Italia entrò in guerra il 10 giugno 1940, aggredendo la Francia ormai stremata dal'occupazione tedesca,
con lo scopo dichiarato del Capo del Governo di sedersi al tavolo della pace (che a suo parere sarebbe avvenuta a breve termine), pagando un modico prezzo di qualche migliaio di vite umane.
Le parole d'ordine erano: sarà una guerra lampo; vincere e vinceremo.
Ma gli anni passavano, i fronti in cui eravamo impegnati aumentavano (alla Francia si aggiunsero la Grecia, i Balcani, l'Unione Sovietica, l'Africa Orientale Italiana), cresceva anche il numero dei militari morti e dispersi e le vittime fra i civili per gli attacchi aerei nel territorio italiano.
A fine guerra le vittime fra i militari di tutte le armi (morti e dispersi) furono 291.346, delle quali 204.346 prima dell' armistizio e 87.030, dopo.
I civili morti per bombardamenti aerei furono 61.432 dei quali ben 42.613 dopo l'8 settembre 1943, quando l'aviazione alleata aumentò la pressione sugli obiettivi strategici, ma i cosiddetti strumenti intelligenti (come vediamo ancora oggi) non erano esenti da errori, per cui  venivano colpiti anche obiettivi civili.
La popolazione si accorse da subito cosa significasse la guerra: furono razionati i generi alimentari di prima necessità (pane, carne, zucchero, ecc.) e beni essenziali quali l'abbigliamento (di cotone e di lana), le calzature, il sapone.
L'8 settembre fu firmato l'armistizio con gli anglo-americani, il Re abbandonò Roma per fuggire al Sud; l'esercito, in mancanza di ordini, si sbandò.
Gli sbandati dell'8 settembre, tentarono di organizzare raggruppamenti di patrioti da impiegare nella lotta contro i tedeschi. Da noi per primo vi riuscì il tenente colonnello del V° reggimento Bersaglieri, Adalberto Croci, presente ad Abbadia San Salvatore, che dette vita al raggruppamento “Monte Amiata” costituito da diverse bande che operarono nel Senese, nel Grossetano e nel Pisano, fra le quali vi era la formazione del sottotenente di fanteria Walter Ottaviani, che il 6 aprile 1944 si distinse nella battaglia di Monticchiello, dove, dopo una cruenta lotta, i partigiani misero in fuga un forte reparto della Repubblica di Salò. Per lo scoppio di una bomba da mortaio sparata dai fascisti, restò ucciso Mario Mencattelli e da quel momento la formazione prese il suo nome.
Il successo indusse molti giovani della Valdorcia, renitenti alla leva o disertori, ad aderire alla “Mencattelli”, che nel frattempo si era resa autonoma e operava per bande dislocate nelle zone di Chianciano, Montepulciano, Monticchiello, Torrita, Trequanda, Asciano, Vivo d'Orcia, San Quirico d'Orcia. Quest'ultima - che comprendeva un forte gruppo di Torrenieri - era comandata da un ex carabiniere, Vito Raspa, detto Spaccamontagne.
Questa formazione, insieme ai raggruppamenti “Monte Amiata”, “Lavagnini”, “Guido Boscaglia” e  “SI.MAR” ricevettero rifornimenti paracadutati dagli alleati.
La Valdorcia all'epoca era occupata dai tedeschi. Lungo la Cassia era un via vai di autocolonne militari, sempre più spesso costrette a viaggiare di notte per non essere oggetto di attacchi aerei.
Man mano che il fronte di guerra si avvicinava, gli anziani ricordavano la vecchia profezia di Brandano(1), che aveva previsto una grande guerra in Valdorcia, dove si sarebbero scontrati carri senza cavalli: il riferimento per i più era ai carri armati utilizzati nella guerra moderna.
Di giorno a Torrenieri i camion militari sostavano sotto gli alberi del viale della stazione e nei vicoli adiacenti; oppure nella parte più larga di via della Fiera,  mimetizzati con frasche.
Al deposito dell'acquedotto, sul poggio  della Casanova, venne piazzata una batteria antiaerea.
Il coprifuoco e l'oscuramento era diventato severo. Fu attivata la sirena di allarme che avvertiva la popolazione del pericolo di attacchi aerei, con sei ululati fra loro intervallati; mentre il cessato allarme veniva dato da un unico suono prolungato. Fu realizzato un rifugio antiaereo alla cava di argilla, sopra il Cimitero. Più tardi alcuni abitanti delle zone più lontane da questo rifugio, chiesero alle Pie Disposizioni, proprietarie dell'azienda del Poggio, il permesso di costruire un altro rifugio in un terreno di loro proprietà, al Boscarello. La richiesta fu accolta e, per realizzarla, fu messo a disposizione un gruppo di malati del San Niccolò, da tempo distaccati a Torrenieri.
Sempre più spesso il cielo era sorvolato dagli aerei ricognitori.
Anche nella nostra provincia iniziarono i bombardamenti aerei, in particolare a Poggibonsi (dove morì Antonio Giardini, responsabile della squadra addetta ai controlli delle linee telegrafiche con sede a Torrenieri, intento a ripristinare le linee danneggiate) e a Siena - con  obiettivi  gli scali ferroviari -  che causarono morti e feriti fra i civili.
Nel mese di aprile anche la nostra ferrovia fu sottoposta ad attacchi aerei. In uno di questi rimase leggermente ferito il Burroni, un mezzadro dell'azienda Crocchi, in parte sommerso dal terreno spostato da una bomba.
In un mitragliamento fu ferita ad una gamba in paese, Beppa Ciolfi, che in seguito sarà estratta viva dalle macerie della sua abitazione.
I veloci cacciabombardieri angloamericani sbucavano all'improvviso e si gettavano sulla preda - in genere sidecar o camionette tedesche in transito sulla Cassia - colpendole.
Il 12 aprile, Torrenieri fu spezzonato da aerei alleati; il 24 aprile erano su Montalcino per lanciarsi in picchiata sulla Cassia, quando, nei pressi della Fortezza, un gruppo di militi della G.N.R. spararono agli aerei che volavano su di loro a bassa quota: immediata fu la reazione, la strada venne mitragliata, e furono uccise due persone e dei buoi di un carro agricolo.
Il 5 maggio, di prima mattina, veloci incursori anglo-americani furono su Torrenieri;
l'obiettivo era lo scalo ferroviario e il piazzale della ditta Crocchi dove erano stoccati fusti da 200 kg di solfuro di carbonio (gas tossico ed esplosivo): l'attacco durò a lungo. Rimase ferita da una pallottola di mitraglia una ragazza, Marcella Mori, che abitava in una casa vicina.
Dalla notte del 24 maggio iniziarono a transitare sulla Cassia le autocolonne con mezzi corazzati della Divisione Gȍring diretti al fronte di guerra, ormai non lontano. La contraerea non dava tregua e due aerei furono abbattuti; autocarri e carri armati saltarono in aria lungo la strada; la battaglia proseguì nel pomeriggio, altri due aerei furono colpiti; il contingente corazzato si sbandò e i militari cercarono  riparo nella campagna circostante.
Nella notte del 1° giugno un gruppo di 100-120 partigiani della «Mencattelli» - con i gruppi di San Quirico d'Orcia, Castiglioni e Torrenieri e altre squadre - comandati da Walter Ottaviani, attaccarono la caserma dei Carabinieri di Torrenieri, dalla quale portarono via una mitraglia, armi e coperte. Prelevarono anche del tabacco nei magazzini del Monopolio.
Non previsto iniziò il passaggio di una lunghissima colonna tedesca di oltre cento automezzi. Fra i partigiani vi fu una iniziale confusione; ricompattatisi iniziarono una sparatoria che infiammò tutto il paese. La colonna tedesca rimase ferma per quattro o cinque ore, bloccata dal fuoco di fucileria e di armi automatiche dei partigiani, oltre che dal lancio di bombe a mano, e subì gravi perdite. Questa colonna risultò essere stata mitragliata la mattina dopo da aerei alleati verso Acquapendente. Fra i partigiani non si ebbero vittime.
La sera del 5 giugno, poco dopo il tramonto, Torrenieri fu sorvolato da un ricognitore a bassa quota; la contraerea entrò in azione, ma l'aereo riprese quota e scomparve. Molte famiglie decisero di abbandonare il paese e di sfollare nelle campagne vicine presso parenti e amici (già numerosi avevano lasciato il paese, in particolare donne e bambini).
La mattine del 6 giugno (ricordato dalla storia come il giorno dello sbarco in Normandia) il medico condotto, Dr. Lunghetti, chiamato per una visita in campagna, prima di partire chiese all'ostetrica condotta Sig.ra Rita Collini, che abitava sopra l'ambulatorio, di aprirlo e di provvedere alle eventuali emergenze.
Irma, la figlia di Nello il calzolaio, fu inviata dalla mamma allo spaccio della Cooperativa APE, perché era in distribuzione lo zucchero.
Da Mezzoborgo scendeva in paese Enzo Andreini per prendere in carico i giornali dall'edicolante Silvia Bagnoli e iniziare il giro di consegne. Vide sbucare presso la chiesa due amici che al piccolo trotto, girarono sulla strada di San Giovanni; chiese loro dove si recassero e questi gli risposero che andavano dalla Beppa, perché le erano arrivate le ciliege; istintivamente annunciò che sarebbe unito a loro, ma l'edicolante lo richiamò immediatamente all'ordine, ricordandogli che era già in ritardo.
Silvano, il figlio di Abramo e di Beppa, quando sentì in lontananza il rombo degli aerei si affacciò alla finestra di cucina: erano in quattro sopra Celamonti e da lì si gettarno in picchiata verso Torrenieri, in direzione della sua casa; da due aerei vide sganciare quattro bombe: si staccò dal davanzale e si gettò sotto il tavolo.
Lo scoppio fu tremendo; diverse case crollarono, compresa quella di Silvano, ma lui si salvò, come pure la mamma, il babbo e uno dei due ragazzi andati a comperare le ciliege, anche perchè la bomba era caduta nel terreno retrostante. Sotto le macerie di quella abitazione morirono l'altro ragazzo (Manlio Bolgi), il marito dell'ostetrica (Pierino Bonucci) ed un'altra signora che vi si era recata per acquisti (Tornesi Machetti Pierina).
Nell'abitazione confinante vi furono due morti: Fedeli Bandini Maria ed il figlio Alvaro.
Nell'altra  confinante con quella dei Bandini vi fu una vera strage in quanto la bomba colpì in pieno l'abitazione ed i morti furono cinque: Turchi Nello (calzolaio), sua mamma Papi Turchi Cesira, sua moglie Papi Maria, il figlio Mario, il nipote Turillazzi Vasco.
Altre due bombe colpirono il terreno in via Romana, fra il palazzo del Dr. G.Augusto Nozzoli e la Posta Vecchia, riversando sulla strada il terreno smosso.
Gli incursori, convinti di aver colpito l'obiettivo (le scuole elementari, dove era presente una piccola guarnigione tedesca), scaricarono in aperta campagna le altre quattro bombe residue.
Da quel giorno la popolazione di Torrenieri abbandonò in massa il paese.
Il 10 dello stesso mese una squadriglia di 18 B. 26 dell'aviazione francese, comandata da Debernardy, sganciò 36 tonnellate di bombe su Ponte d'Arbia per colpire il ponte, senza centrarlo.
Verso la metà della settimana successiva, Torrenieri fu oggetto di un nuovo attacco aereo con spezzonamento nella zona fra la Stazione ferroviaria e il Molino Batignani.
La domenica 18 vi un rastrellamento di uomini a Torrenieri e dintorni; vennero portati a posizionare mine lungo la linea “Frieda” o dell'Orcia.
Ormai il fronte era sempre più vicino. Le truppe francesi della I^ divisione comandata da Brosset, con una lotta casa per casa, liberarono Radicofani. Superata questa località e l'Amiata, la I^ divisione, venne sostituita dalla 2^ divisione di fanteria marocchina comandata da André Dody.
Superata la linea dell'Orcia, questa divisione il 27 giugno liberò Montalcino, il 28 Torrenieri e la zona circostante.
Nella notte fra il 27 e il 28 giugno, a Vergelle dove era sfollato, moriva per cause naturali il giurista G. Augusto Nozzoli di Torrenieri, ex  alto dirigente del Ministero di Grazia e Giustizia.
Scacciate da Torrenieri, le truppe tedesche in fuga, uccisero al Podernovo il colono Ghezzi Domenico; non se ne conosce il motivo: era rimasto solo a controllare la casa e gli animali.
Con lentezza Torrenieri si ripopolò, le attività economiche stentavano a riprenere e, cosa ancor più grave, si contarono ancora morti nelle campagne vicine, per lo scoppio di mine: morirono
Pignattai Torello, Grazzini Giulio, Fatichenti Renato, Armini Giovanni, Armini Nello, Cappelli Armini Milena, Mazzeschi Giulio.
Al termine del conflitto Torrenieri conterà 15 militari morti in combattimento e 13 dispersi, e ben 19 civili deceduti per bombardamenti, scoppio di mine e un fucilato.
La guerra iniziata nel giugno del '40 con grandi aspettative di vittoria e la promessa che sarebbe stata “lampo”, terminerà solo il 25 aprile 1945: cinque anni di lutti e sacrifici per un popolo, che, comunque seppe risollevarsi e cambiare decisamente strada, imboccando quella della democrazia.
I nomi dei soldati di Torrenieri, morti e dispersi, insieme a quelli dei civili morti come detto per varie cause, furono aggiunti a quelli dei soldati deceduti nella 1^ Guerra mondiale 15/18(2) .
Non mi spiego perché la comunità di Torrenieri e l'Amministrazione Comunale di Montalcino non abbiano apposto una targa con i nomi delle vittime del bombardamento del 6 giugno 1944 sulla casa abitata da Nello Turchi e la sua famiglia; né un cippo sulla strada dei Giardini nei cui territori per scoppio di mine si verificò gran parte dei decessi.
Dopo 70 anni ritengo doveroso provvedervi e se non lo fa il Comune, siano le organizzazioni di Torrenieri a prendere l'iniziativa.
Chi verrà dopo di noi deve conoscere cosa avvenne in quell'anno nella nostra comunità, e quei tragici eventi devono essere di monito per le generazioni future.

Note:
  1. “Brandano” - con questo nomignolo, perché forte di corpo e di braccia - fu soprannominato Bartolommeo Carosi, nato a Petroio nel 1490 da una famiglia contadina. Fu detto il “Pazzo di Cristo” perché predicava e profetizzava nei paesi del senese, ma anche in Piazza del Campo e a Roma, inveendo contro i potenti.
  2. Il monumento fu inaugurato il 17 agosto 1919, con un discorso pronunciato dal Cav. Prof. Antonio Lombardi.
La nota è stata redatta in base:
  • ai ricordi personali e ai racconti dei coetanei;
  • a quanto narrato nel documentario “La guerra a Montalcino” realizzato dal gruppo “Amici di Montalcino”, in particolare con riferimento alle interviste a Irma Turchi Machetti e a Bruno Bonucci;
  • alla ricca bibliografia,  in particolare quella di:
  • Iris Origo - “La guerra in Valdorcia” - Firenze, 1969
  • Elio Matarazzo - ”Son la mamma di tre gattini” - Documenti e testimoniamze di vita quotidiana nel movimento di Resistenza in Val d'Orcia !943 – 1944 – Editrice Le Balze, 2005
  • Vittorio Meoni - “Una vittoria partigiana – Monticchiello, 6 aprile 1944” - ANPI Siena 1978
  • Tamara Gasparri - “La Resistenza in provincia di Siena – 8 settembre 1943 – 3 luglio 1944” - Olschki Editore – Firenze, 1976
  • Luciano Casella - “La Toscana nella guerra di liberazione” - La Nuova Europa Editrice – Carrara, 1972
  • Claudio Biscarini - “Storia del Raggruppamento “Monte Amiata” - Ed. F.M. S. Miniato, 2006
  • Claudio Biscarini, Gino Civitelli con la collaborazione di V. Pascucci - “Guerra in Valdarbia” - Comune di Monteroni d'Arbia – Circolo Culturale “Amici di Monteroni” - Ed. Ticci, Siena, 2005
  • Ivo Caprioli - “La liberazione di Montalcino 27 giugno 1944” - Quartiere Borghetto, 1994
  • Claudio Biscarini - “Bombe su Siena: la città e la provincia” - Ed. Del Burchia, 2008
  • Claudio Biscarini - “Tra Umbria e Toscana” - Ed. Nuova Immagine, Siena, 2000
  • Claudio Biscarini - “La Resistenza nel Centro – Raggruppamenti partigiani in Provincia di Siena” - Centro studi della Resistenza: resistenza in provincia di Siena”