Val d'Orcia Holiday
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lunedì 30 dicembre 2013

Se non coltiviamo una nostra idea di futuro, il futuro ci verrà servito come un cibo avariato

di Giorgio Scheggi       
(VAL D'ORCIA - terra d'eccellenza, n°12)
Come la foca monaca o, se preferite, il tartufo bianco e i cannolicchi di mare, la fiducia o non si trova o costa carissima.
Aver smontato pezzo a pezzo ogni riferimento istituzionale, aver ingolfato gli organismi che amministrano la società di imbelli, mediocri figuri, ci consegna una così diffusa e generalizzata diffidenza verso tutto e verso tutti tale da paralizzare ogni tentativo di riportare non dico la passione,
che sarebbe troppo, ma uno straccio di consapevolezza di quanto urgente sia riorganizzarci attorno ad un progetto.
I più assennati ti stoppano snocciolando i velenosi passaggi istituzionali che ti attendono, i labirinti burocratici che ci inghiottiranno, gli “oggettivi” fattori di debolezza: siete pochi, non avete nessun rappresentante istituzionale di peso, non siete uniti. Qualcuno, un po’ più franco e meno disposto a sottigliezze lessicali rilancia: “siete in dieci a parlarne, della Val d’Orcia, a tutti gli altri non gliene frega niente”.
L’esperienza insegna che si potrebbe procedere per shock, fino ad ora è stato così, almeno. Potremmo iniziare proponendo di trasformare tutta la valle in un lago, ad esempio, un milione di buone ragioni sono già pronte, impacchettate: canottaggio sportivo, corsi per sub, ombrelloni e spiagge, vele al vento, vecchi che intrecciano le reti e raccolgono turisti intorno a fantastiche avventure di pesca, ...odore di frittura verso sera. Potremmo costruire un muro intorno alla valle per ottenere cospicui pedaggi e selezionare i visitatori in base alle capacità di spesa. Vendere per corrispondenza pezzi di torri, casali, poderi e cipressi …
Vent’anni fa bastò utilizzare la parola per Parco per cavare la gente di casa e, oggettivamente, anche aver iniziato a parlare di “Parco Agricolo”, ha ottenuto una minima attenzione e, se non siamo alle oceaniche assemblee di un tempo, almeno si sono riviste le facce di qualcuno che in questa terra ci investe, ci lavora, ci vive. Ma tutto è avvolto in una nebbia di sostanziale indifferenza, ci si muove con la lentezza e l’impaccio di chi si trovi in una pozza di fango. Non va.
Siamo nel 2014 e siamo alle elezioni amministrative e nessuno parlerà di un destino comune, nessuno avvertirà l’urgenza di un salto di qualità, nessuno si accorgerà che dopo le province, com’era prevedibile e previsto, i piccoli Comuni dovranno fondersi, organizzarsi diversamente e che, a differenza di oggi, questi accorpamenti non saranno finanziati, saranno obbligatori.
Se non coltiviamo una nostra idea di futuro, il futuro ci verrà servito come un cibo avariato che ingolleremo recriminando contro tutto e contro tutti. Siamo un corpo sociale in decomposizione e se non faremo nulla per impedirne la dissoluzione finale aggiungeremo altre colpe a quelle, numerose, di cui ogni giorno, dovremmo vergognarci con i nostri figli.

Buon anno.

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