Riportiamo
la definizione del termine bravìo che
si legge nel vocabolario Treccani:
bravìo
s. m. [dal lat. tardo bravīum, e questo dal gr. βραβεῖον, con lo stesso sign. della voce
ital.]. – Termine equivalente a palio, cioè premio della
vittoria, che nella forma greca e latina è presente, tra l’altro, due volte in san Paolo (Lett. ai Corinzî, I, 24, e Lett. ai Filippesi, 14), e successivamente ripreso da Dante nel libro II, cap. 7, del trattato De Monarchia: «sicut fit per pugnam athletarum currentium ad bravium». Non più attestato in testi letterarî italiani dei secoli successivi, è stato ripreso, dal 1974, nella tradizione popolare di Montepulciano, dove si organizza annualmente nell’ultima domenica di agosto, festa del patrono s. Giovanni Decollato, il bravio delle botti, una gara di sveltezza e di resistenza cui prendono parte le otto Contrade cittadine, e che consiste nel far rotolare una botte risalendo il paese fino ad arrivare in Piazza Grande; la Contrada vincitrice riceve in premio un palio, detto anch’esso bravio.
vittoria, che nella forma greca e latina è presente, tra l’altro, due volte in san Paolo (Lett. ai Corinzî, I, 24, e Lett. ai Filippesi, 14), e successivamente ripreso da Dante nel libro II, cap. 7, del trattato De Monarchia: «sicut fit per pugnam athletarum currentium ad bravium». Non più attestato in testi letterarî italiani dei secoli successivi, è stato ripreso, dal 1974, nella tradizione popolare di Montepulciano, dove si organizza annualmente nell’ultima domenica di agosto, festa del patrono s. Giovanni Decollato, il bravio delle botti, una gara di sveltezza e di resistenza cui prendono parte le otto Contrade cittadine, e che consiste nel far rotolare una botte risalendo il paese fino ad arrivare in Piazza Grande; la Contrada vincitrice riceve in premio un palio, detto anch’esso bravio.
Il bravìo, intendendo il termine e non la
manifestazione, è già attestato a Montepulciano negli Scritti spirituali di Roberto Bellarmino[1]. Il che conferma la presenza del termine
soprattutto negli ambienti religiosi, in particolar modo in quelli della Societas Iesu. Non è privo di rilevanza che sia stato san Paolo a
utilizzarlo e a diffonderlo nel mondo occidentale. Ecco le testimonianze paoline: «Nescitis quod ii, qui in stadio currunt, omnes quidem
currunt, sed unus accipit bravium?» (1 Cor.
9, 24); «ad bravium supernae vocationis Dei in Christo»
(Fl. 3, 14)[2].
Il bravium di san Paolo significa, in entrambi i passi citati (la
prima lettera ai Corinzî e quella ai Filippesi, scritte subito dopo la meta del
I sec. d.C.), ‘premio della vittoria’.
Il termine bravium (che si legge anche come brabeum o brabium), diffuso evidentemente nel mondo cristiano anche
attraverso la parola apostolica, proviene dal mondo greco che lo chiama brabéion ‘premio’, connesso con brabéus ‘arbitro, giudice’ (brabéia significa ‘giudizio arbitrale’ e
il verbo brabéuo ‘sono arbitro o
giudice, assegno il premio della vittoria’).
Quanto alla forma brabium che vediamo comparire accanto a bravium, essa viene corretta dal
grammatico al punto 44 della cosiddetta Appendix
Probi: «bravium
non brabium»[3].
Possiamo credere che la
predilezione per il termine da parte degli scrittori religiosi debba essere attribuito
al suo valore originario – quello di ‘premio derivante da un giudizio’ – che lo
distingue dal sinonimo, più modesto sotto il profilo etimologico, di palio come ‘mantello, panno, cencio’.
Il bravìo è connesso con i giochi circensi e richiama, da un lato, la
società del I sec. d.C., dall’altro, la lingua metaforica ed esemplare degli
umili[4].
Il
termine è stato, infine, erroneamente connesso con l’aggettivo bravo e affini[5]. Si deve riconoscere che la somiglianza è
soltanto casuale, dal momento che l’aggettivo bravo – soprattutto tramite la bravata, la braveria e i bravi – è
riconducibile al latino pravus (nonostante
le incertezze dei dizionari) che significa ‘perverso, cattivo’ e ‘spavaldo’[6].
Bibliografia e sitografia
Amati: Giacinto
Amati, Ricerche
storico-critico-scientifiche sulle origini, scoperte, invenzioni e
perfezionamenti fatti nelle lettere, nelle arti e nelle scienze, III,
Milano 1829, p. 296.
Bellarmino: Roberto
Bellarmino, Scritti spirituali
(1615-1628): Elevarsi interiormente a Dio. Il Paradiso, Brescia 1997.
Battaglia:
S. Battaglia, Grande dizionario della lingua italiana, Torino, UTET,
1994-.
Bianconi:
Giovanni (Gian) Lodovico Bianconi, Descrizione
de’ circhi particolarmente di quello di Caracalla e dei giuochi in essi
celebrati, in Opere, IV, Milano
1802.
Bisanti:
A. Bisanti, Introduzione allo studio
della lingua e della letteratura latina medievale. Appunti delle lezioni
del corso di Letteratura latina medievale. Modulo 1, Università degli Studi di Palermo - Facoltà di
Lettere e Filosofia Corso di Laurea in Beni Demo-Etno-Antropologici. Anno
accademico 2007-2008 - Secondo semestre.
Bolza: Giovanni
B. Bolza, Vocabolario
genetico-etimologico della lingua italiana, Vienna 1852, alla voce
«Brabeum».
Consoli:
Domenico Consoli, Enciclopedia Dantesca,
Roma 1970, alla voce «palio».
Cortelazzo
& Zolli: M. Cortelazzo & P. Zolli, Dizionario etimologico della
lingua italiana, 5 voll. Bologna, Zanichelli, 1979-1988.
Giorgi: Dominici
Georgii Historia diplomatica Cathedrae
Episcopalis civitatis Setiae, Roma 1751. Girolamo,
Ep. 49,14, vol. II, pp. 138-139.
Paolo: Lettere di Paolo, in La Bibbia concordata. Nuovo Testamento, a cura della Società
Biblica di Ravenna, Milano 1982.
Rocci: L. Rocci,
Dizionario Greco-Italiano, Milano 1954.
Vocabolario
Treccani: Treccani.it L’enciclopedia
italiana. Vocabolario on line, alla voce «bravio».
[1] Roberto
Bellarmino, Scritti spirituali
(1615-1628), Brescia 1997, pp. 838, 844.
[2] «Non
sapete voi che quelli che corrono nello stadio corrono bensì tutti, ma uno solo
ottiene il premio?»; «per ottenere il premio della chiamata superna di Dio in
Cristo Gesù» (trad. a cura della Società Biblica di Ravenna, Milano 1982, pp.
434, 537).
[3] «Appendix
Probi,
così chiamata perché si legge, in un manoscritto di Vienna ivi pervenuto
dalla biblioteca di Bobbio, in appendice agli Instituta artium di
Valerio Probo, celebre grammatico latino del I secolo d.C. L’Appendix,
redatta da un anonimo verso la fine del III secolo d.C., probabilmente ai tempi
dell’imperatore Diocleziano, è costituita da alcuni opuscoli grammaticali, il
terzo dei quali (che è quello che qui ci interessa) è una specie di antibarbarus:
in esso evidentemente il maestro, per correggere errori di varia natura, elenca
ben 227 parole o forme classiche, che si debbono sostituire alle corrispondenti
parole o forme di latino volgare correnti nell’uso, riguardanti soprattutto
l’ortografia e la pronuncia, la morfologia e il lessico. In parecchi dei
termini condannati dal maestro, come si vedrà, la seconda forma (quella,
cioè, da scartare) risulta molto vicina a quella che si fisserà nelle lingue
romanze e, talvolta, risulta addirittura identica alla stessa forma definitiva
neolatina» (A. Bisanti, Introduzione allo
studio della lingua e della letteratura latina medievale. Appunti delle
lezioni del corso di Letteratura latina medievale, p. 8).
[4] Interessante
leggere le disposizioni per l’attribuzione del bravìo in Historia diplomatica Cathedrae Episcopalis civitatis Setiae. Qui,
l’autore, Domenico Giorgi, nel proporre i giochi per la festa di San Lidano (e
Pietro e Marcellino), si dilunga su alcuni particolari della gara, ovvero sulla
possibilità di partecipare montando un cavallo o correndo a piedi, sui premi da
attribuire misurati in canne di panno di Camerino o altri di ugual valore;
sulla proibizione a scavalcare la fune tenuta dai residenti nel rispetto del
segnale dato dal Podestà: «omni anno in perpetuum, in festivitatibus Sanctorum
Lidani, Petri et Marcellini curratur bravium Equitum, & Peditum ab omnibus,
currere volentibus…: & Eques, qui antecesserit habeat bravium, videlicet
unam cannam cum dimidio. Pedes autem similiter antecedens, unam cannam panni Camerini,
vel alterius generis, ejusdem tantum, vel similis valoris. Et quilibet tam
Eques quam Pedes volens currere, stare debeat retro funem, a residentibus
tenendum, curratque ad signum, dandum per Dominum Potestatem ac se scribi
faciat in primis: alias non consequatur bravium, etiamsi antecesserit» (p.
301).
[5] Come fa
Bianconi, nella sua Descrizione de’
circhi, stampata a Milano nel 1802, p. 316. Anche Bolza, cinquant’anni
dopo, nel suo Vocabolario
genetico-etimologico della lingua italiana, tratta del brabium o bravium come un
premio «onde il nostro gridar: bravo! nei teatri» e lo connette, quindi, con bravata, bravura, braveria e con i
bravi di manzoniana memoria (alla
voce «Brabeum», p. 101 coll. a e b).
[6] Cortelazzo &
Zolli, Dizionario etimologico della lingua italiana, I, alla voce
«bràvo».