di Francesco Matteucci
(VAL D'ORCIA - terra d'eccellenza, n°10)
In alcuni paesi che si affacciano sulla via Francigena coltivare zafferano era sicura fonte di guadagno poiché questa droga, ricercatissima da secoli, era spezia di scambio e di facile commercio per le sue proprietà culinarie e curative. Dunque fonte di arricchimento per alcune città come San Gimignano ed altre ancora che avevano la possibilità di produrne in buone quantità, tanto che negli archivi storici di Montalcino esistono documenti ove si fa
preciso riferimento alle abbondanti produzioni ricavate in special modo sugli aridi terrazzamenti collinari, insieme ad olivastre e rari filari di viti e se si pensa che per ottenere 7-8 grammi di droga secca occorrono 1000 fiori, grandissimo doveva essere l’areale a coltura. Proprio con i rossastri stigmi staccati dal fiore a sei tepali di color violetto, freschi o meglio essiccati, si preparava quassù un piatto povero, la trippa con pezzetti di callo dello zampo di chianina, che la rende più collosa e delicata, cucinata esclusivamente con lo zafferano, rendendo così un piatto dal colore giallastro, buonissimo e profumato ed anche oggi in molte famiglie autoctone si continua a cucinare la trippa solo con questa deliziosa ed antica ricetta. Mia zia Ernesta ne seminava i bulbi sui bordi dei muri dell’orto in buona quantità tanto da essere usato anche per fare dei risotti prelibati, scoprendo solo molto più tardi che quel piatto era uguale al risotto allo zafferano lombardo.
(VAL D'ORCIA - terra d'eccellenza, n°10)
In alcuni paesi che si affacciano sulla via Francigena coltivare zafferano era sicura fonte di guadagno poiché questa droga, ricercatissima da secoli, era spezia di scambio e di facile commercio per le sue proprietà culinarie e curative. Dunque fonte di arricchimento per alcune città come San Gimignano ed altre ancora che avevano la possibilità di produrne in buone quantità, tanto che negli archivi storici di Montalcino esistono documenti ove si fa
preciso riferimento alle abbondanti produzioni ricavate in special modo sugli aridi terrazzamenti collinari, insieme ad olivastre e rari filari di viti e se si pensa che per ottenere 7-8 grammi di droga secca occorrono 1000 fiori, grandissimo doveva essere l’areale a coltura. Proprio con i rossastri stigmi staccati dal fiore a sei tepali di color violetto, freschi o meglio essiccati, si preparava quassù un piatto povero, la trippa con pezzetti di callo dello zampo di chianina, che la rende più collosa e delicata, cucinata esclusivamente con lo zafferano, rendendo così un piatto dal colore giallastro, buonissimo e profumato ed anche oggi in molte famiglie autoctone si continua a cucinare la trippa solo con questa deliziosa ed antica ricetta. Mia zia Ernesta ne seminava i bulbi sui bordi dei muri dell’orto in buona quantità tanto da essere usato anche per fare dei risotti prelibati, scoprendo solo molto più tardi che quel piatto era uguale al risotto allo zafferano lombardo.
Crocus
sativus L. è una pianta iridacea della classe Monocotiledoni, sterile, che si
riproduce solo per via agamica (bulbo); poco si adatta ai climi piovosi, con
rese bassissime e costosissime per la sua lavorazione esclusivamente manuale.
E’ maggiormente conosciuto ed utilizzato quasi esclusivamente come spezia dai
primi piatti fino ai dolci, anche perché non contiene calorie, dà colore ai
piatti esaltandone i sapori.
Della
droga sono stati identificati circa 150 composti dei quali 34 sostanze volatili
che contribuiscono alla composizione del tipico aroma. La polvere di zafferano
è ricchissima di carotenoidi tra cui caroteni e zeaxantina. Le molecole fino ad
oggi studiate e di cui sono state dimostrate le proprietà sono quattro e cioè
la picrocrocina,, safranale, alfa crocina e crocetina.
Ha
proprietà antiossidanti, antidepressive ed afrodisiache, cosi che, oltre ad
essere assunto insieme alle pietanze, lo si può trovare in farmacia od
erboristeria sotto forma di tisane, estratti secchi ed oli essenziali.
Lo
zafferano è riconoscibilissimo per alcune proprietà organolettiche quali il
colore rossastro, l’aroma intenso ed il gusto deciso e queste sue
caratteristiche derivano dalla composizione di carotenoidi che danno colore
oltre che proteggere le cellule con funzioni addirittura antitumorali; la picrocrocina,
da il sapore amarognolo, il safranale dà all’olio essenziale l’odore acre ed
intenso, la vitamina B1 e B2 sono utili al metabolismo ed aiutano lo scambio di
ossigeno per le cellule.
I
suoi principi attivi sono curativi per i disturbi della sfera emotiva come
depressione e stress. Allevia notevolmente le patologie depressive, aiuta a
calmare gli sbalzi di umore soprattutto durante il periodo premestruale. Il
safranale e la crocina contenuti nello zafferano agiscono sull’incremento dei
neurotrasmettitori come la serotonina e la dopamina nei momenti in cui gli
stati depressivi ne riducono il buon funzionamento. Abbassa il livello dello
stress influendo favorevolmente sulle attività cerebrali, è coadiuvante per la
memoria perché le sue sostanze, specialmente i carotenoidi, aumentano i
processi fisiologici che aiutano a ricordare le cose accadute o
che si apprendono al momento e sembra avere la capacità di prevenire alcune
forme di Alzheimer.
E’ usato come digestivo e se
ne consiglia l’uso soprattutto per chi soffre di gastrite. Grazie alle vitamine
del gruppo B si ha un’accelerazione del metabolismo digestivo favorendone
l’assorbimento dei grassi. Diminuisce la pressione sanguigna con conseguente
abbassamento dell’ipertensione e
ipercolesterolemia per le poche calorie contenute e per la capacità di fluidificare
il sangue; ha proprietà disintossicanti ed antiinfiammatorie grazie alla
curcumina contenuta, con potere simile al cortisone nel placare infiammazioni
reumatoidi. Lo zafferano, aumentando la
produzione di serotonina, diventa afrodisiaco dando così maggiore stimolo al desiderio
sessuale. Egizi e Romani che sin dall’antichità ne facevano buon uso in cucina,
in medicina e in cosmesi, già allora non sottovalutavano gli effetti
collaterali se assunto ad alte dosi: l’olio essenziale è abortivo, quindi da
evitare in gravidanza e per l’uso sui bambini non vi sono notizie certe anche
perché ad oggi non esistono ricerche che ne dimostrino l’innocuità.