Senza una meta. Può essere più entusiasmante, più avvincente, si possono fare piacevoli incontri inaspettati, si può esercitare l’immaginazione aspettando che qualcosa accada, qualcuno arrivi, una bellezza emerga.
Non se ti trovi in una palude, nella jungla o in battaglia.
Temo in una di queste situazioni se non in entrambe si trovi la comunità della Val d’Orcia in questo preciso momento storico.
Possiamo dunque attendere un evento fortuito che ci tragga in salvo?
È, appunto, un bollettino di guerra l’elenco di fallimenti, concordati, liquidazioni più o meno volontarie di aziende grandi e piccole della nostra zona.
Un’economia in buona misura poggiata sull’edilizia – annessi e connessi –, non trova più sbocchi. Abbiamo raddoppiato i centri abitati, rimesso mano alla quasi totalità dei fabbricati rurali e, in assenza pressoché totale di investimenti pubblici di un qualche peso, le aziende hanno aperto rapidamente lo stato di crisi con i suoi effetti a catena sull’artigianato, sul commercio, sui servizi.
È dunque tutto finito, tutto inutile?
Ma via. La stessa edilizia, se riesce a trasformarsi e qualificarsi, può riprendere un ruolo in Valdorcia, le ristrutturazioni e la riqualificazione dei centri storici sono ancora in buona misura da realizzare. Leggo che nel mondo si fa sempre più frenetico lo shopping che le grandi potenze economiche, Cina in testa, fanno di grandi e piccoli appezzamenti di territorio destinato all’agricoltura. Leggo poi che le oasi di bellezza, i territori dove arte , natura e paesaggio si offrono in felice connubio, possono attingere ad un immenso bacino turistico. Leggo infine che il numero di persone disposte a pagare di più per prodotti alimentari di qualità aumenta senza sosta. Non è questo di per sé un programma di rinascita?
Non voglio sprecare tempo in metafore, a quanto pare esiziali di questi tempi, ma qui da noi si sta soffocando e ci rifiutiamo di aprire le finestre.
Fra un anno eleggeremo nuovi sindaci e nuove giunte comunali: perché non facciamo sentire la voce di quanti hanno voglia di resistere, di rilanciare puntando sulle nostre ricchezze, di quanti siano convinti che bisogna andare rapidamente verso un’unione vera della Valdorcia a partire dall’istituzione di una Parco Agricolo?
Non sono la persona giusta per promuovere liste civiche ma vorrei veder costituita una forza combattiva e intransigente che costringa i futuri amministratori a dichiarare il proprio orientamento e si ponga come fattore costante di condizionamento perché la ripresa economica e sociale sia fondata sul paesaggio, sull’agricoltura di qualità, sul recupero e restauro dei centro storici, sulla valorizzazione delle risorse termali, sulla messa in rete dell’offerta turistica e agrituristica, su centri per la formazione e valorizzazione dei prodotti di eccellenza e tanto altro ancora. La crisi economica non è soltanto fattrice di tragedie personali e collettive è anche il più potente nemico di ogni politica che guardi al futuro, è la più formidabile arma di ricatto puntato contro territori stremati ed in cerca di risorse. Più siamo deboli e meno sapremo resistere a nuove domande di investimenti strampalati e/o devastanti. Agire ora, creare oggi questa forza che contrasti questi pericoli più che un’opzione diviene un obbligo cui non è più possibile sottrarsi.
Non se ti trovi in una palude, nella jungla o in battaglia.
Temo in una di queste situazioni se non in entrambe si trovi la comunità della Val d’Orcia in questo preciso momento storico.
Possiamo dunque attendere un evento fortuito che ci tragga in salvo?
È, appunto, un bollettino di guerra l’elenco di fallimenti, concordati, liquidazioni più o meno volontarie di aziende grandi e piccole della nostra zona.
Un’economia in buona misura poggiata sull’edilizia – annessi e connessi –, non trova più sbocchi. Abbiamo raddoppiato i centri abitati, rimesso mano alla quasi totalità dei fabbricati rurali e, in assenza pressoché totale di investimenti pubblici di un qualche peso, le aziende hanno aperto rapidamente lo stato di crisi con i suoi effetti a catena sull’artigianato, sul commercio, sui servizi.
È dunque tutto finito, tutto inutile?
Ma via. La stessa edilizia, se riesce a trasformarsi e qualificarsi, può riprendere un ruolo in Valdorcia, le ristrutturazioni e la riqualificazione dei centri storici sono ancora in buona misura da realizzare. Leggo che nel mondo si fa sempre più frenetico lo shopping che le grandi potenze economiche, Cina in testa, fanno di grandi e piccoli appezzamenti di territorio destinato all’agricoltura. Leggo poi che le oasi di bellezza, i territori dove arte , natura e paesaggio si offrono in felice connubio, possono attingere ad un immenso bacino turistico. Leggo infine che il numero di persone disposte a pagare di più per prodotti alimentari di qualità aumenta senza sosta. Non è questo di per sé un programma di rinascita?
Non voglio sprecare tempo in metafore, a quanto pare esiziali di questi tempi, ma qui da noi si sta soffocando e ci rifiutiamo di aprire le finestre.
Fra un anno eleggeremo nuovi sindaci e nuove giunte comunali: perché non facciamo sentire la voce di quanti hanno voglia di resistere, di rilanciare puntando sulle nostre ricchezze, di quanti siano convinti che bisogna andare rapidamente verso un’unione vera della Valdorcia a partire dall’istituzione di una Parco Agricolo?
Non sono la persona giusta per promuovere liste civiche ma vorrei veder costituita una forza combattiva e intransigente che costringa i futuri amministratori a dichiarare il proprio orientamento e si ponga come fattore costante di condizionamento perché la ripresa economica e sociale sia fondata sul paesaggio, sull’agricoltura di qualità, sul recupero e restauro dei centro storici, sulla valorizzazione delle risorse termali, sulla messa in rete dell’offerta turistica e agrituristica, su centri per la formazione e valorizzazione dei prodotti di eccellenza e tanto altro ancora. La crisi economica non è soltanto fattrice di tragedie personali e collettive è anche il più potente nemico di ogni politica che guardi al futuro, è la più formidabile arma di ricatto puntato contro territori stremati ed in cerca di risorse. Più siamo deboli e meno sapremo resistere a nuove domande di investimenti strampalati e/o devastanti. Agire ora, creare oggi questa forza che contrasti questi pericoli più che un’opzione diviene un obbligo cui non è più possibile sottrarsi.