(VAL D'ORCIA - terra d'eccellenza, n°8)
Fra il 1200 e il 1300, due grandi
e ricche famiglie senesi si contendevano il potere della Città: i Salimbeni,
dediti ai commerci in particolare delle sete e i Tolomei, commercianti
anch'essi ma, sopratutto, ricchi banchieri. I
primi avevano esteso i loro possedimenti nel sud dello Stato e tenevano la loro
roccaforte in Val d' Orcia; i secondi
possedevano
grandi proprietà immobiliari nel capoluogo, ma, nel tempo, si espansero anche nel contado prossimo alla città, e anche a sud seguendo la Francigena fino a Torrenieri e da qui, deviando a oriente, estesero le loro proprietà verso le crete, in particolare a Lucignano d'Asso e Cosona1.
grandi proprietà immobiliari nel capoluogo, ma, nel tempo, si espansero anche nel contado prossimo alla città, e anche a sud seguendo la Francigena fino a Torrenieri e da qui, deviando a oriente, estesero le loro proprietà verso le crete, in particolare a Lucignano d'Asso e Cosona1.
A
Torrenieri i Tolomei possedevano terre, case
e un molino. Nel 1295 Gioioso di M. Stricca dé Tolomei fu anche Reggente
della Signoria di Torrenieri, per licenza rilasciata dal Consiglio Generale
dello Stato di Siena: era questo un ufficio temporaneo elettivo in cui chi ne
veniva investivo, esercitava la più ampia giurisdizione e per questo il Comune
di Siena si preoccupava che gli eletti a tale ufficio fossero persone
sicuramente devote a Siena.
Viceversa
a Torrenieri i Salimbeni possedevano solo poche terre prative.
All'epoca
Siena era una città importante, ma non grande, nella quale la popolazione,
composta in prevalenza da feudatari e cittadini, mercanti e artisti, era
alquanto benestante. Le cronache riferiscono che nel mese di gennaio della fine
degli anni trenta del '300, vi si celebrarono ben 80 matrimoni fra casate
nobili.
Ovvio
che in una situazione economica di tal fatta, gli affari, sia dei banchieri che
dei commercianti, fiorivano.
Risulta
che nel 1338 i Salimbeni acquistarono da un grande mercante di Siria, giunto a
Port' Ercole, tessuti in seta trapunta d'oro per 50 mila fiorini, sciamiti2
per altri 25 mila, oltre a 15 mila borse da sposa di diverse dimensioni, 15
mila frontelle e cordoni di seta da cucire e altra merce ancora, tutta venduta
in un anno - all'ingrosso e al minuto - dai sensali dei Salimbeni.
Fra
le due famiglie, come si conveniva all'epoca, non correva buon sangue e la
causa principale della rivalità era il dominio sul governo della città. Per questo,
in particolare nella prima metà del '300, le lotte fra le due famiglie si
intensificarono.
Il
26 ottobre 1318, per dar vita a Siena ad un regime che doveva avere come
podestà Sozzo di Deo Tolomei, questa famiglia, insieme ai Forteguerri (come
riferisce il cronista Andrea Dei), promosse una sommossa delle corporazioni dei
Notai e dei Carnaioli, che, però, non ebbe il successo sperato.
Così
Sozzo e il suo congiunto Deo di Guccio Guelfo,
fuggirono dalla città e Sozzo si mise a saccheggiare il contado con una
compagnia di uomini armati, che comprendevano anche mercenari ed esiliati
fiorentini e aretini
Nell'agosto
del 1320, Sozzo Tolomei tentò invano di
conquistare i castelli di Mensano e di Asciano. Riuscì, invece a prendere
quelli di Sinalunga, Torrita, Rigomagno e Farnetella, da dove partì per il
Castello di Torrenieri, che conquisto, vi fece prigionieri e bruciò case,
proseguendo per la Val d'Orcia (roccaforte dei Salimbeni) dove arsero Bagno
Vignoni e molte altre case (da: Andrea Dei).
Dieci
anni dopo, il 22 ottobre 1330, in un agguato nei pressi di Torrenieri,
trovarono la morte i fratelli Benuccio e Alessandro Salimbeni. Ad ucciderli
furono Pietro di Mino Mellone, Tavarnozzo di Meo di Cristoforo e un figlio di
messer Francesco Tolomei.
Quest'omicidio,
e in particolare quello di messer Benuccio,
che secondo il cronista Angelo di Tura, “era dé più nomati cavalieri di
Toscana, fu tenuto gran tradimento, e per questo a Tolomei fu grande vendetta,
la maggiore che mai si facesse a Siena”. Il Podestà della città bandì gli
assassini e distrusse le loro case.
Ma,
come era logico aspettarsi, i Salimbeni meditarono da subito la vendetta.
Fallito un tentativo di scatenare una sommossa urbana contro la casata nemica -
mentre i Nove allora al governo cittadino, mettevano a guardia delle torri
della città due o tre fanti per dividere i Salimbeni dai Tolomei - alcuni
uomini dei Salimbeni si portarono a Lucignano d'Asso e qui “per tradimento del prete della pieve,
la quale era di messer Francesco Tolomei, si nascosero in una cantina da dove
assalirono ed uccisero a pezzi il detto Francesco e ferito Carluccio, suo
figliolo, i quali erano usciti a spasso”.
Poi
gli assassini, dopo aver fatto “tagliare la testa dal corpo e fatto al corpo
molti altri strazi”, se ne tornarono a
Tentennano nella loro rocca (dalla Cronaca di Angelo di Tura).
Ma
chi era veramente Bernuccio Salimbeni? La storia ci dice che fu un cavaliere
potente, noto in tutta la Toscana, che spese tutta la vita a combattere i suoi
nemici, individuabili nei fiorentini conti di Vernio – che pure erano suoi
cognati – e nei Tolomei di Siena, fino a quando alcuni di questi, come detto,
lo uccisero.
Ma
fu anche un poeta (o rimatore) ricordato fra i minori del suo tempo; appartenne
agli gnomici3, poeti che proseguirono le tradizioni e lo
stile che precedette la scuola toscana del 1282.
Di
questi poeti senesi, Scipione Bargagli4 scrisse che “non usarono gli
scelti ornamenti poetici nelle rime loro, ma si furon tali che la toscana
lingua bene intesono e parlaronla bene, né loro mancò stile per disegnare, se
forse non hebbano vaghezza per dipingere”.
Il
letterato marchigiano Giovan Mario Crescimbeni, vissuto fra il 1600 e il 1700,
che produsse anche uno studio sulla poesia italiana, riconobbe a Benuccio
Salimbeni “uno stile facile e piano e buoni sentimenti e nella lingua non poco
fu colto” (Da Giosuè Carducci, “Lirici minori del '300” - Istituto Editoriale
Italiano – Milano).
Strana
fine per un poeta, morire per mano assassina, ma normale per un cavaliere potente
che ha sempre combattuto i propri nemici!
Per
comprendere bene questa contrastata personalità cci sarebbe voluto l'aiuto di
uno psicologo!
- Cosona, Castello in Val d'Orcia: nella seconda metà del '200 fu di proprietà dei Tolomei e nel1385, Siena ne ordinò l'occupazione, e nel 1393 la distruzione. Nel 1465 fu venduta dai Tolomei a Ferdinando I° D'Aragona, re di Napoli, che nello stesso anno la rivendette al Cardinale Niccolò Forteguerri di Siena.
- Sciamito, pesante tessuto di seta a sei fili, prodotto in vari colori, ma generalmente rosso amaranto, usato per abiti particolari, ricchi e solenni.
- Gnomica è detta la poesia di intonazione morale, ricca di sentenze, precetti ed esempi di vita pratica.
- Scipione Bargagli fu un letterato senese vissuto fra il 1500 e il 1600.