Scomparire è la peggiore delle fini. Almeno per me. Convengo, in questo, con Mersault, lo “Straniero”, di Camus. Dunque non vorrei essere parte della scomparsa di un’idea, vorrei piuttosto sbagliare nel tentativo di raggiungere una meta “alta”, sfidando i miei stessi modesti mezzi. Vorrei che si dicesse che siamo stati “arsi” dal desiderio di realizzare il nostro progetto unendo le poche forze di cui disponiamo, il colto e l’inclita, amministratori e amministrati, la società civile
o più realisticamente chi ci sta.
Si può forse vivere senza puntare in alto? Se ha cessato di farlo questa classe politica, siamo forse obbligati a farci coprire anche noi dal sudario della routine di scandali, di frasi ad effetto, di comparsate che accompagnano le nostre vite da oltre vent’anni a questa parte?
Credo proprio di no, credo che il senso di scandalo che coltiviamo dietro alle persiane di casa nostra, non ci aiuti affatto ad uscire dalla trappola.
Un progetto l’avevamo, era il frutto del contributo del popolo e della scienza, fu una novità che ci fece balzare quindici anni fa, agli onori dell’attenzione della Comunità Europea e di uno straordinario movimento turistico che fortunatamente dura ancora.
Ma il tempo passa, maledizione. Le condizioni di salute del nostro territorio peggiorano parallelamente al suo tessuto economico e sociale. Non si campa di rendita, almeno da queste parti, non si campa di rendita. Se la tua ricchezza è il frutto di secoli di trasformazioni agricole, di bonifiche, di regimentazione delle acque, di cura dei boschi, se il tuo patrimonio è questo, non puoi inventarti un’immobilità estatica, non puoi aspettare le bizze del mercato dei prodotti agricoli, non puoi vedere i tuoi corsi d’acqua scomparire nella siccità o esondare alle prime vere piogge.
Il 14 dicembre a Siena si è parlato, finalmente, dei quattro siti Unesco della nostra provincia, di come fare squadra per reperire idee e risorse per mantenere e sviluppare questo stupefacente patrimonio di bellezza.
Per quanto ci riguarda, noi, la Val d’Orcia, abbiamo nell’agricoltura, il nostro principale asse di lavoro. E’ ciò che intendevamo salvaguardare venti anni fa e, fortunatamente, è ancora il nostro asset più importante. E’ tempo di rilanciare il nostro impegno con strumenti nuovi e un nuovo impegno. C’è chi sta già lavorando attorno all’idea di “Parco Agricolo”. Uno strumento di programmazione e gestione territoriale di grandissimo interesse, riassunto in una breve definizione che potrebbe dare senso a questa mia affermazione:
“L'integrazione della dimensione ambientale (ecosistemica) con quella economica (agroalimentare) e culturale (storica, paesistica e sociale) delinea una nuova lettura delle dinamiche del territorio aperto e, nello specifico, prefigura la forma di un nuovo strumento di governo del territorio nel modello del "parco agricolo"…”
Si tratta quindi di conservare per intero il senso ed il contenuto di ciò che chiamammo improvvidamente Parco Artistico e Naturale della Val d’Orcia, e di traghettarlo in uno strumento operativo capace di attirare risorse economiche e di sollecitare tutta la comunità alla partecipazione nella individuazione di progetti di salvaguardia e di sviluppo. E’ tempo di cambiare, è tempo di proporre, di esporsi. E’ tempo di ridisegnare la mappa dei comuni della Val d’Orcia, è tempo di accorpamenti, di fusioni. C’è in questo desiderio la consapevolezza di non avere tanto tempo ancora perché qualcosa accada, qualcosa che fermi la necrosi che riporti ossigeno nell’orrendo sottovuoto dei giorni nostri.
o più realisticamente chi ci sta.
Si può forse vivere senza puntare in alto? Se ha cessato di farlo questa classe politica, siamo forse obbligati a farci coprire anche noi dal sudario della routine di scandali, di frasi ad effetto, di comparsate che accompagnano le nostre vite da oltre vent’anni a questa parte?
Credo proprio di no, credo che il senso di scandalo che coltiviamo dietro alle persiane di casa nostra, non ci aiuti affatto ad uscire dalla trappola.
Un progetto l’avevamo, era il frutto del contributo del popolo e della scienza, fu una novità che ci fece balzare quindici anni fa, agli onori dell’attenzione della Comunità Europea e di uno straordinario movimento turistico che fortunatamente dura ancora.
Ma il tempo passa, maledizione. Le condizioni di salute del nostro territorio peggiorano parallelamente al suo tessuto economico e sociale. Non si campa di rendita, almeno da queste parti, non si campa di rendita. Se la tua ricchezza è il frutto di secoli di trasformazioni agricole, di bonifiche, di regimentazione delle acque, di cura dei boschi, se il tuo patrimonio è questo, non puoi inventarti un’immobilità estatica, non puoi aspettare le bizze del mercato dei prodotti agricoli, non puoi vedere i tuoi corsi d’acqua scomparire nella siccità o esondare alle prime vere piogge.
Il 14 dicembre a Siena si è parlato, finalmente, dei quattro siti Unesco della nostra provincia, di come fare squadra per reperire idee e risorse per mantenere e sviluppare questo stupefacente patrimonio di bellezza.
Per quanto ci riguarda, noi, la Val d’Orcia, abbiamo nell’agricoltura, il nostro principale asse di lavoro. E’ ciò che intendevamo salvaguardare venti anni fa e, fortunatamente, è ancora il nostro asset più importante. E’ tempo di rilanciare il nostro impegno con strumenti nuovi e un nuovo impegno. C’è chi sta già lavorando attorno all’idea di “Parco Agricolo”. Uno strumento di programmazione e gestione territoriale di grandissimo interesse, riassunto in una breve definizione che potrebbe dare senso a questa mia affermazione:
“L'integrazione della dimensione ambientale (ecosistemica) con quella economica (agroalimentare) e culturale (storica, paesistica e sociale) delinea una nuova lettura delle dinamiche del territorio aperto e, nello specifico, prefigura la forma di un nuovo strumento di governo del territorio nel modello del "parco agricolo"…”
Si tratta quindi di conservare per intero il senso ed il contenuto di ciò che chiamammo improvvidamente Parco Artistico e Naturale della Val d’Orcia, e di traghettarlo in uno strumento operativo capace di attirare risorse economiche e di sollecitare tutta la comunità alla partecipazione nella individuazione di progetti di salvaguardia e di sviluppo. E’ tempo di cambiare, è tempo di proporre, di esporsi. E’ tempo di ridisegnare la mappa dei comuni della Val d’Orcia, è tempo di accorpamenti, di fusioni. C’è in questo desiderio la consapevolezza di non avere tanto tempo ancora perché qualcosa accada, qualcosa che fermi la necrosi che riporti ossigeno nell’orrendo sottovuoto dei giorni nostri.