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lunedì 1 ottobre 2012

Urge un censimento in Val d’Orcia per rilanciare il parco partendo dalle idee e dalle persone

di Giorgio Scheggi          
(VAL D'ORCIA - terra d'eccellenza, n°7)
Se ci stiamo impoverendo e ci stiamo impoverendo, in mezzo a tutta questa ricchezza, temo che la colpa ricada principalmente su di noi. Siamo stanchi? Siamo delusi? Ci siamo arresi?
Sono motivazioni che non convincono. Sarei propenso di più a pensare che siamo bloccati. Ecco, sì, forse è di un blocco mentale, psicologico che stiamo parlando. Le crepe nel tessuto economico della nostra area sono vistose e hanno
inghiottito già una parte importante delle imprese in quasi tutti i settori. Chi resiste, lo fa per la consapevolezza che là fuori non troverà nulla di meglio o per orgoglio.
Questo è. Si obietterà: è la storia di tutto il Paese, è quello che vediamo nei media ogni giorno; sì è vero, ma con una differenza: non siamo in un’area industriale in declino, non siamo nelle miniere del Sulcis, la nostra esistenza non dipende dalle bizze di una multinazionale, la nostra economia non è ingabbiata in un’unica filiera produttiva che non ha più mercato. Siamo visibili in tutto il mondo, siamo un sito Unesco, per la miseria! E’ una bella differenza, non credete? D’accordo, ma la soluzione?
La soluzione sta nel trovare le risorse (umane) che ci scuotano dal torpore, che ci aiutino a raccogliere la ricchezza che ci circonda. Ci serve qualcuno che sappia giocare a testa alta e che faccia lanci lunghi, lunghissimi.
Pensate, ad esempio, che sia ragionevole non aver ancora neppure accennato ad una strategia comune per combattere le difficoltà, che sia normale che dopo oltre venti anni dalla nascita dell’idea di Parco, non si possa lavorare su un piano di interventi di comune interesse? Non è ragionevole, né normale. Questa è stata la prima estate di pellegrinaggi ed escursioni lungo la Via Francigena: le poche cose organizzate per accogliere questi flussi sono frammentarie, certo generose, ma non possono rappresentare un’attrattiva, sono lo specchio del degrado istituzionale, della mancanza di fantasia, di generosità, di idee.
Siamo in bambola, credete.
Capita spesso di trovare, in una passeggiata, a casa di amici o al bar, persone con una storia professionale di grande interesse, capita di scoprire che certi personaggi del mondo della cultura, delle grandi imprese, hanno una casa in Val d’Orcia o se ne sono innamorati e ci tornano puntualmente ogni anno. Si incontrano registi, tecnici del cinema e del teatro, professori universitari, manager, editor, musicisti, artigiani, ecc. ecc.
Perché non utilizzare queste risorse, censirle, invitarle a discutere con noi dei nostri problemi, utilizzare le loro esperienze e uno sguardo diverso dal nostro che potrebbe sorprenderci, illuminarci. Molte di queste persone lo farebbero per amore, per sentirsi più dentro al territorio nel quale hanno investito, o anche solo per amore. E poi dovremmo essere presi per il bavero una buona volta da qualcuno che ci spieghi, una volta per tutte, quanto ridicolo sia questo nostro dividerci, questo mantenere viva l’illusione che paesini i cui abitanti starebbero in un condominio alla periferia di una qualunque città, possano farcela da soli.
La nascita dell’Unione dei Comuni ha sancito la divisione della Val d’Orcia, l’aggregazione con l’Amiata non ha prodotto alcun frutto e, dulcis in fundo, si parla di Radicofani come candidato ad unirsi ad amministrazioni in Val di Chiana.
Il piano di mantenimento impostoci dall’Unesco può ancora essere l’occasione per riprendere il cammino, per mettere sul tavolo quattro o cinque progetti di interesse collettivo. Tutte cose che si potrebbero fare da subito, se ci fosse la capacità di farle.
Urge un censimento in Val d’Orcia.

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