di Alberto Cappelli
(VAL D'ORCIA - terra d'eccellenza, n°6)
A noi uomini del terzo
millennio verrà da sorridere sull' avventura, senz’altro
fuori dal comune, vissuta da alcuni nostri conterranei alla fine del XVIII°
secolo e, più precisamente, alle sette di sera del 16 giugno 1794, nonché sulle
relative spiegazioni e supposizioni che ne seguirono.
In
quella metà di giugno del 1794, nella
parte centrale della provincia di Siena,
faceva già molto
caldo. Si dava la colpa ad un inverno estremamente siccitoso, ma si ipotizzava anche come conseguenza dell’apertura di un nuovo grande cratere alle pendici del Vesuvio, che eruttava fuoco, lapilli, ceneri e un’alta colonna di fumo; per cui si riteneva, anche in Val d’Asso, che questo avesse contribuito all’ aumento della temperatura dell’atmosfera terrestre.
caldo. Si dava la colpa ad un inverno estremamente siccitoso, ma si ipotizzava anche come conseguenza dell’apertura di un nuovo grande cratere alle pendici del Vesuvio, che eruttava fuoco, lapilli, ceneri e un’alta colonna di fumo; per cui si riteneva, anche in Val d’Asso, che questo avesse contribuito all’ aumento della temperatura dell’atmosfera terrestre.
Racconterò
l'accaduto, mutuando in parte il frasario usato in una dissertazione
sull'argomento del Padre Don Ambrogio Soldani, Abate Camaldolese e Professore
di Matematiche nell'Università di Siena1, che studiò a fondo il
fatto.
Egli
inizia la sua dissertazione, datando, localizzando e descrivendo l'evento con
queste parole: “Il di 16 Giugno dopo le ore 7
della sera verso il tramontare del sole fu veduta una nuvola che da
levante passava a ponente di San Quirico in distanza di tre o quattro miglia, e
precisamente sopra Lucignano d'Asso e Cosona, i di cui caratteri principali
erano 1. lo scintillare e mandar razzi; 2. il fumare; 3.
fare delle straordinarie esplosioni; 4. gettare de' sassi infocati sulla
terra”.
Prosegue
sostenendo che mentre i primi tre caratteri sopra descritti, non hanno tanto
del meraviglioso, l'ultimo “che per essere alquanto singolare nelle sue
circostanze, considerato specialmente in quell'aspetto in cui intendo proporlo
in questo mio scritto, deve parere affatto incredibile ai Dotti ed ai Fisici
più illuminati”.
Padre
Soldani accerta i fatti con cura e diligenza, acquisendo inizialmente due
lettere.
La
prima è quella che il Nobile Signore Alessandro Piccolomini Naldi scrisse a suo
fratello Giacinto, Canonico, al quale riferì
in questi termini: Vi darò una nuova aerea, ed è che lunedì nel
tramontare del sole segui sopra il luogo detto le Solatie, Castellare e
Mandorlo Forteguerri un’accensione in molta altezza, la quale fece da trenta
scoppi, dieci de’ quali parvero cannonate e venti archibugiate, e che si
sappia, caddero 4 pietre, cioè una alle Solatie, che l’ho avuta, due al
Castellare, che le cercherò, e una al Mandorlo. Quella che ho avuta è di figura
irregolare, e pesa libbre 5,½; quando verrò costà la vedrete; l’odore è
vetriolico ec. Lucignano d’Asso 17 giugno 1794.
La
seconda è quella che il Signor Ferdinando Sguazzini - che si trovava a San
Giovanni d'Asso come computista del Cavalier Sansedoni - scrisse a sua moglie
Giuditta che, per compiacere ai suoi amici, gli aveva chiesto di ragguagliarlo
sulla notizia giunta a Siena sulla pioggia di sassi. Ecco cosa scrive lo Sguazzini il 20 luglio: Lunedì scorso 16 del
corrente alle ore 7 circa della sera, si vide nella massima altezza del nostro
orizzonte una piccoletta nuvoletta bianca, la quale, ruotando, ci fece udire
sino a sette replicati e strepitosi colpi come di grosso cannone, staccati
l'uno dall'altro, e ad ogni colpo si scorgeva benissimo il gioco del fumo denso,
ma bianco; indi si udì come una batteria, sempre a colpi di cannone, che durò
qualche minuto, e sentendo strisciare come palle si videro cadere alcune
pietre, fin qui ritrovate in numero di 4 o 5. Queste caddero nel circondario di
Cosona e Lucignano d'Asso nei poderi del Signor Niccolò Piccolomini Naldi,
Signor Antonio Forteguerri ed in altro podere detto lo Spedalone del Mazzi
nella distanza alcune d'un miglio, ed altre anche più dall'une all' altre.
Lo
Sguazzini offre una descrizione delle figure,
del peso e del colore delle pietre e conclude dicendo: Si crede che
di tali pietre ne siano cadute molte altre, ma essendo a campagna aperta, non
si sono potute ritrovare. Tutto questo non ha cagionato alcun male; ma la paura
fu grande per quelli che ne furono spettatori oculari ed auricolari.
Ancora
più estesa e precisa è un'altra relazione con la descrizione dell’accaduto, che
Andrea Montauti, Curato di Monte Contieri 2, trasmise al Dott. Luigi
Pascucci, Medico Fisico di Monte Oliveto Maggiore, su sua richiesta.
Il
Signor Curato racconta che quel giorno, mentre stava tornando da Pienza verso
Lucignano d’Asso, giunto alla Tuoma3, incominciò a sentire a
settentrione, ma in grandissima distanza, dei tuoni; onde osservando verso la
provincia del Chianti, vidi una nuvola burrascosa, che fendevasi in spessi
lampi, uno dei quali smezzando rettamente la nuvola, con uno striscio arrivò ad
altra nuvoletta molto lontana e totalmente separata dalla prima, la quale
veniva ad essermi quasi perpendicolare. Il colore di quel lampo, per quanto
fendeva la nuvola prima, era rosso oscuro; lo striscio, poi, che si comunicò
alla seconda nuvola a me perpendicolare, comparve come un semplice fumo agli
occhi miei, effetto forse della serenità e del sole. Tale striscio….progrediva
con lentezza, e non colla velocità propria de’ fulmini. Questa seconda nuvola
altro non mi pareva che un denso fumo di fornace elevato molto sopra la regione
solita dei nuvoli, e non riceveva impressione alcuna dal sole, sebbene
investita di sotto dal medesimo essendo l’ ore sette incirca, e però verso il
tramontare: la qual cosa mi mosse a voltarvi spesso lo sguardo, ed osservarla
per il cammino di un miglio e mezzo. La di lei figura era quasi un otto, ossia
simile ad un paio d’ occhiali.
Prosegue
riferendo che arrivato finalmente al podere di Salviano delli RR.MM. di
Monte Oliveto Maggiore …essendo già le sette e 25 minuti, sentii un’esplosione
simile ad una cannonata, ed in seguito altre fino al numero di sette distinte
l’una dall’altra, e subito provai una gravezza e commozione d’aria,
accompagnata da uno striscio o fragore simile alle palle d’ archibuso, ma molto
più orribile e spaventevole, che andava verso il mezzogiorno in ponente per la
vallata tra Cosona e Lucignano. Sebbene sorpreso dallo spavento osservai la mia
nuvola, e la vidi incendiata, e divenuta candida in un punto. Nel tempo
medesimo incominciò altra esplosione…e mi parve che la commozione d’aria si
dirigesse ora verso levante al poggio di S. Anna, e poggio Ragnuzzi (antica
abitazione di Brandano4), ed ora verso Cosona. In quella seconda
esplosione tre furono i colpi simili al cannone, e circa 25 o 30 non tanto
distinti uno dall’altro, e più piccoli, ma a guisa d’una batteria di mortai, o
di fuochi d’ artifizio. Allora osservai, che avanti qualunque scoppio formavasi
un globo bianco, e poi aprivasi, e da quella apertura nasceva il tonfo e la
commozione dell’aria, e rimaneva incendiata così la nuvola in guisa che due
terzi mutarono il colore fosco in un bianco infocato. Allora formossi in un punto
quasi un catino d’ un’infocata fornace, ed il suo lucido, e il suo moto
vorticoso per molte parti non mi permettevano fissarci lo sguardo. L’esplosione
si fece in termine di cinque minuti, l’incendio poi durò sopra otto, e quindi
una lunghissima fascia bianca incominciò a dissiparsi, andando insensibilmente
verso ponente e durò ad esser visibile fino all’una di notte. Sono stato
assicurato poi da vari testimoni che per una mezz’ora prima dell’esplosione fu
veduta incendiata e bianca la detta nuvola, e dalle varie posizioni in cui
erano posti i riguardanti, a chi sembrava un monte, a chi due colonne, a chi
due palloni, a chi un dragone infocato, ma tutti però convengono, che nella
base era oscura, ond’ è che a me, che l’osservavo al di sotto, e perpendicolarmente,
comparve infocata solo dopo l’esplosione. Racconta
anche, che al podere Solatie si trovava il colono, un certo Lucherini: la
pietra gli cadde ai piedi e si incuneò sotto terra per mezzo braccio.
L’
Abate Camaldolese per suo conto, ascoltò
altri testimoni, fra i quali:
- il Dott Francesco Manenti, medico in San Quirico, su sua richiesta gli scrisse, che aveva osservato il fenomeno seduto sulla banca accosto alla porta di fattoria, voltato verso il palazzo del Sig. Marchese Chigi;
- la Nobil Signora Giovanna Forteguerri, riferì che vide l'evento dalla sua villa di Cosona;
- Lorenzo Pinzati, fattore del Pero presso Radicofani, con lettera del 17 giugno, raccontò alla sua padrona
- la Signora Catterina Azzoni, consorte del Signor Azzoni, proprietario della Villa “I Giardini Azzoni” di Torrenieri, confinante con “I Giardini De Vecchi” - riferendo cosa aveva osservato la sera precedente.
La
stessa Signora Azzoni, mentre tornava alla villa da una passeggiata sulla strada per S. Quirico,
fatta in compagnia del Commmendator Petrucci e delle due cameriere, Maria Signorini e Anastasia Bacci, aveva
osservato l'evento.
Il
29 luglio, per acquisire sicure testimonianze sulla caduta dei sassi, il R.
Governo di Siena ordinò con lettera al Tribunale di Pienza di istituire formale
processo. Furono citati dodici testimoni, quasi tutti residenti a Cosona: Pasquino Machetti e suo fratello Michele del
podere “La Guardia”, Giuseppe Angelici della Pieve di Cosona, Giuseppe Monaci
mezzadro del podere Palazzo, Andrea Galluzzi del podere Mandorlo, Salvatore
Ricci delle Solatie, Camilla Scartocci e Giovanni Antonio Vestri della Chiusa
di Costanibbi, Maria Angela Fantina di Casa a Tuoma, Giovanni Rubegni del Pozzo
e Giuseppe Pasqui del Castellare.
Padre
Soldati di queste testimonianze ne riferisce solo due, da lui ritenute le più circostanziate,
quella di Giuseppe Angelici e l'altra di Salvatore Ricci.
Giuseppe
Angelici, interrogato dal Vicariato del Tribunale, così rispose: Sappia che
il dì 16 Giugno prossimo passato circa le ore 19 mi trovavo al podere della
Pieve di Cosona in questo Vicariato, e specificamente mi ritrovavo nella strada
di Cosona, fermo; ad un tratto sentii una gran romba, e contai - fra le altre –
tre botte scolpite, che parevano a me tre cannonate, e poi ne sentii delle
altre, ma siccome vennero tanto a fretta, non potei contarle; alzai in quel
tempo la testa all’aria, ed osservai come una nuvola staccata sola, ed in quel
tempo sentii uno strepito pell’aria, come se fosse stato uno sciame, e subito
sentii cadere dei sassi, ed andai subito a quella volta, e trovai due sassi uno
distante dall’altro circa venti canne 5, ed erano due sassi
caduti precificamente dal cielo, che sentii il tonfo che fecero, ed osservai
perfino la fitta che fecero in terra nel cadere. Uno era grosso tre libbre e 10
once 6, pesato dal Sig. Pievano Antonio Mazzi; l’altro non si
pesò e sarà stato quattro once; avevano ambedue una patina nera, e nel corpo
erano spugnosi di color cenerino.
Salvatore
Ricci, invece, raccontò che: Il di 16 giugno prossimo passato, circa le
ventitrè della sera all'italiana 7, mi ritrovavo nel luogo detto le
Solatie del Signor Alessandro Naldi in corte Lucignano d'Asso, e facevo un
fastello di legna, ad un tratto sentii una grandissima romba, alzai gli occhi,
e vidi una nuvoletta in aria sola sola, che faceva come un vortice: in questo
istesso tempo sentii tre grosse botte come tre cannonate, e di poi altre botte
più piccole come mortalettate, che non potei contare, perché queste vennero a
fretta a fretta, e di poi sentii come uno sciame per aria, continuando sempre
la romba, e sentii in varie parti cadere in terra dei sassi, e fra gli altri ne
vidi cadere uno lontano da me circa 53 passi, badai dove cadde, andai la, e lo
trovai che aveva fatto uno sbarro in terra, ed era entrato sotto terra circa
mezzo braccio; sbarbai un palo da vite, cominciai a scalzare attorno attorno e
lo tirai fuori e lo portai a casa mia. Poi seppe il Signor Alessandro
Piccolomini che avevo trovato questo sasso e mandò a pigliarlo per mezzo di un
cittarello di Lucignano suo pigionale;
glielo mandai, e so che lo gradì, e lo pesò, e mi fu detto che fosse
cinque libbre e mezzo, e tanto lo giudicavo io. Era sopra di color nero come il
carbone, e dentro era composto di materia cenerina, che pareva vi fossero dei
pezzetti di metallo mescolato, e lo toccai un
poco con la rocchetta, e scheggiava a piccole scaglioline.
Padre
Soldani asserisce che non è possibile determinare il numero delle pietre
cadute. Quelle ritrovate sono più di 40, con un peso variabile da ¼ d'oncia a
circa 6 libbre, ma ben maggiore fu il numero di quelle perdute, perché
inosservate in quanto troppo piccole o perché cadute in acqua o confitte entro
terra.
Le
supposizioni sull’accaduto furono tante. Alcuni sostenevano che le pietre erano
state sollevate da un turbine e poi cadute a terra, ma il Soldani, con dotte
argomentazioni, respinse questa ipotesi.
Altri
fecero notare che il Vesuvio 19 ore prima della caduta dei sassi, aveva avuto
una forte eruzione e, pertanto, ritenevano che i sassi fossero stati lanciati
in aria dal vulcano, ma anche in questo caso fu facile al Soldani smontare
questa ipotesi. Inoltre un certo Signor Tomson esaminò a Napoli alcune di
queste pietre e asserì che intorno al Vesuvio non vi erano prodotti vulcanici
simili; avanzò anche l'ipotesi che potessero provenire da qualche vulcano
apertosi in Toscana, ma questo non si era verificato.
Vi
fu chi suppose fossero pietre formatesi per sollevamento delle “Biancane”, le
formazioni cretacee, allora molto più presenti
di oggi in questi luoghi.
Il
Padre Soldani ritenne che si fossero formate nella stessa nuvola dalla quale
caddero, considerato che anche il Curato di Monte Contieri in una successiva
lettera a lui inviata, riferiva di aver osservato che nelle maggiori
esplosioni della nuvola comparivano alcuni globetti che nell'uscire dalla
medesima si aprivano e si spaccavano in più parti, vibrando da ogniuna come un
razzetto verso la terra; a dimostrazione, osserva il Soldani, che non erano
pietre semplicemente cadute, ma che i globi di fuoco indicavano delle sostanze,
che si formavano entro la nuvola.
Per
cui conclude che se non provenivano dal Vesuvio, né da Radicofani e Santa
Fiora, né in qualunque altra maniera esaltate dalla terra......conviene dire
che si sieno formate nella nuvola surriferita.
All’epoca
nessuno poteva supporre che le pietre piovute in Val d’Asso altro non erano
che meteoriti, cioè la parte di meteoroidi
(piccoli asteroidi) che raggiungono il suolo terrestre, dopo essere entrati
nell'atmosfera, riscaldandosi per pressione dinamica provocata dalla
compressione dell'aria e per questo emettendo luce e una scia luminosa (stelle
cadenti).
Un
esemplare dei sassi caduti in Val d'Asso, studiati dal Padre Don Ambrogio
Soldani, oggi è esposto nel Museo di Storia Naturale dell'Accademia dei
Fisiocritici di Siena.
- “Transunto della dissertazione del Padre Don Ambrogio SOLDANI, Abate Camaldolese e Professore di Matematiche nell'Università di Siena: Sopra una pioggetta di sassi accaduta la sera del 16 Giugno 1794 a Lucignano d'Asso nel Sanese.
- Monte Contieri è posto dal Repetti nel suo Dizionaario Storico e Geografico della Toscana, su di un ooggio cretoso sulla strada comunicativa rotabile porta a Chiusure e a Monte Oliveto Maggiore, fra l' Ombrone che gli passa a ponente e il borro Capra, che gli scorre a levante.
- Tuoma: torrente affluente dell'Asso, nasce presso Montefollonico..
- Al secolo Bartolomeo Carosi, asceta senese, soprannominato “Il pazzo di Cristo”, vissuto intorno al 1500.
- La “canna” era un’unità di misura. La “canna italiana” corrispondeva a circa 2 metri.
- La libbra è pari a 340 grammi ed è suddivisa in 12 once di grammi 28, 3333. Quindi il “sasso” pesava 1 kg e 303 grammi.
- In vigore dal Medioevo al 1700, nell'ora italiana l'inizio e il termine del giorno coincideva con il tramonto del sole. Vi era, poi l'ora babilonese nella quale l'inizio e il termine del giorno coincide con il sorgere del sole e infine l'ora francese, quella ancora in vigore, in cui il giorno ha inizio e termina alla mezzanotte.