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L’ecologia è Mamma

di Silvana Biasutti          
(VAL D'ORCIA - terra d'eccellenza, n°6)
Ci penso spesso – a quella rompi della mia mamma -, strano: uno immaginerebbe che invecchiando si pensi sempre di più ai figli, ai nipoti, insomma a chi prenderà il tuo posto, dopo di te. Ed è vero, ma solo in parte, perché mentre affiorano nuovi argomenti e nuovi temi prendono più spazio nel proprio esistere, viene istintivo cercare un riferimento nella propria storia, per cercare di affrontarli.
Senza togliere niente a “chi viene dopo”, io penso molto
anche a “chi c’era prima di me” e a cosa mi ha lasciato. Da questa constatazione nasce il titoletto di questo pezzullo. Eh sì, perché ripercorrendo episodi, lettere e pensieri che mi vengono dalla signora in questione – con cui ho avuto, come succede spesso, rapporti battaglieri, discussioni e contrasti, a cui comunque non ho mai mancato di rispetto (anche questa è ‘ecologia’!) – ritrovo alcuni spunti che mi paiono utili per il mio vivere odierno. Perché ho avuto per mamma un’ecologista ante litteram, una signora che non è mai arretrata davanti alle proprie responsabilità, una persona piena di difetti sui quali troneggiavano un infinito coraggio davanti alle avversità e alcune idee molto chiare.
Lo spunto mi è venuto dal cartone del latte. Da anni, automaticamente, quando finisco il latte sciacquo il recipiente ormai vuoto prima di buttarlo. In questi giorni, riflettendo ai problemi che ci affliggono, appesantendo i nostri pensieri e la vita quotidiana, mi sono chiesta più volte quali misure – tante e complesse, di certo – dovrebbe mettere in campo un’amministrazione che avendo a cuore sinceramente il proprio territorio, dovesse nel contempo tutelarne le economie, la salute e i posti di lavoro, senza mettere a repentaglio il futuro.
Quando ero ragazza e capitava a me di finire il latte, e mi accingevo a buttarne il contenitore, la mamma mi prescriveva piuttosto bruscamente di sciacquare l’interno e poi di appiattirlo. Non capivo, ma eseguivo, se non altro per non sentire il brontolio che minacciava ogni operazione mal eseguita. La spiegazione che veniva reiterata era che “anche i rifiuti è meglio che siano puliti” (inoltre l’acqua sporca del latte risciacquato, quando si era in campagna serviva per bagnare certe pianticine) e “il cartone va appiattito perché così occupa meno spazio”.
Il discorso degli ingombri da gestire era uno dei credo materni che si è spinto fino alle estreme conseguenze, quando mia madre mi ha chiesto di essere cremata, perché “almeno dopo morti è meglio occupare poco posto, perché siamo in tanti e bisogna preoccuparsi di lasciare spazio agli altri!”.
La ‘preoccupazione per cosa può succedere gli altri’ è stata una costante nella mia famiglia – niente di straordinario, ma era soprattutto un’abitudine a valutare le conseguenze delle proprie azioni nella vita degli altri e un’attenzione agli altrui problemi, perché – mi veniva immancabilmente sottolineato – dal male di un altro (persona, famiglia, categoria o gruppo) non può che venire un peggioramento per i propri interessi – anche per quelli più banali ed egoistici.
Tutto perfetto, un eden virtuoso? Ma no, no di certo. Sto riportando a galla (e alla vostra attenzione) quelle che in un certo senso sono state manie educative di un tempo scomparso. Un tempo svanito, ma non superato, soprattutto non obsoleto, perché quando guardo i cassonetti della raccolta differenziata nel villaggio in cui abito e trovo in quello della carta l’affastellamento dei materiali più improbabili, intorno agli altri il liquame sgocciolante dei residui alimentari variamente distribuiti, mi accorgo che i nord africani se ne fregano allegramente della raccolta differenziata, ma pure molti abitanti del mio paese non si chiedono perché mai dovrebbero appiattire un cartone prima di buttarlo, allora penso alla mia mamma e penso che vorrei poter diffondere un po’ del suo ecologismo ante litteram nei concittadini di questo paese: non solo nel villaggio in cui sto.
Perché se non sappiamo appiattire un cartone prima di gettarlo nell’apposito cassonetto, perché mai orde di speculatori non dovrebbero pensare di fare del territorio quello che più gli conviene (cioè conviene al loro portafoglio), e perché mai gli amministratori dovrebbero fare quello che (ahimé) solo pochi cittadini nel loro piccolo cercano di fare? In fondo, essi altro non sono se non una nostra proiezione…
Ecco perché spesso penso alla mia mamma rompi e vorrei duplicarla ad usum…