(di Lisa Baracchi, http://corrierefiorentino.corriere.it)
Un gruppo di under 30 su due ruote tra le città Unesco: hanno pedalato per ottomila chilometri in 108 giorni. Il film al Trento Film Festival.
Sono rimasti ammaliati dai racconti di un contadino della Val d’Orcia che conosceva per filo e per segno la storia del suo territorio. «Credo che se tutti
avessero la sua consapevolezza e il suo orgoglio non si venderebbero ad esempio souvenir trash in piazza dei Miracoli», dice Alessandro Cristofoletti, 28 anni, laureato in beni culturali. Le colline intorno a Pienza come la piazza centrale di Pisa sono state alcune delle tappe del suo progetto, «Unesco in bici», un viaggio di 108 giorni, pedalando per 5.000 chilometri, attraverso 44 siti di tutta Italia riconosciuti come patrimonio mondiale dell’umanità. Un’avventura no profit e un racconto multimediale della vacanza ecosostenibile di un gruppo di under 30, alla scoperta delle bellezze italiane che oggi, nella sua veste di documentario, approda al Trento Film Festival. In Toscana i sette protagonisti sono rimasti per dodici giorni (dal 23 giugno al 4 luglio 2010), sono passati sotto la torre di Pisa, attraverso il centro storico di Firenze, a San Gimignano, nella Siena dei giorni del Palio, infine a Pienza diretti verso i colli laziali. Sono proprio queste le città Unesco artefici della «crociata toscana» dell’estate scorsa in difesa del decoro e contro souvenir trash come quei boxer con l’immagine della Torre Pendente-simbolo fallico venduti nelle bancarelle in piazza dei Miracoli. «Abbiamo visto tutto quell’ammasso di banchi a Pisa.
Quel tipo di commercio è un modo veloce per fare due soldi subito, sfruttando i simboli delle città, senza pensare che con una gestione più accorta dell’immagine e rispetto del decoro si avranno entrate maggiori sul lungo termine» commenta Alessandro, che ha ideato il tour in bici. «Lo stesso si può dire per i tanti musei delle torture di San Gimignano, un modo per attrarre più turisti con il grottesco a buon mercato, ma che sì, distorce l’immagine della cittadina». Continua Alessandro: «In Italia purtroppo si tende a estremizzare in ogni senso. Nella nostra esperienza abbiamo trovato da una parte soprintendenze che tutelano anche in modo eccessivo i beni tanto che in alcuni casi non ci è stato permesso di fare delle riprese che avevano il solo scopo di promuovere i siti, dall’altra un turismo di massa che deturpa i luoghi». Alessandro racconta la Toscana come uno dei posti che più ammira, dove storia, cultura e enogastronomia sono valorizzati meglio che altrove, ma che con le altre regioni condivide vizi tutti italiani: «A Siena, dove il nostro camper di appoggio (eroico mezzo dell’89) ha rischiato di lasciarci a piedi, il meccanico che ci ha soccorso ci ha raccontato di non poter ristrutturare la facciata della sua casa in centro, perché dovrebbe chiamare operai specializzati (più richiedere vari permessi) e l’operazione verrebbe a costargli troppo. È il caso dell’Italia da cartolina, che si tende a lasciare sotto vetro, come è evidente nel caso dei trulli di Alberobello, per proteggerla anche dalla polvere. E i cittadini si sentono come statuine di un presepe». Continua Alessandro: «Bisogna trovare il modo di conservare l’identità ma con un approccio più moderno, certo più impegnativo. La cosa deve essere affrontata in modo serio. Nella storia le architetture più moderne hanno sempre affiancato quelle più antiche. La sfida coinvolge anche Firenze, come le altre città. Ci vuole il coraggio di far vivere passato e presente».
I ciclisti dell’Unesco sono rimasti colpiti dalla storia della Val d’Orcia, un paesaggio che è opera dell’uomo e che viene curato dagli abitanti «come fossero artisti del loro territorio». Ma anche da tutti quei turisti nel campeggio del piazzale Michelangelo a Firenze che pianificavano il loro viaggio in base alla lista dei siti Unesco: «Ci dobbiamo rendere conto di quale ricchezza abbiamo, unica nel mondo, e con la stessa consapevolezza dell’agricoltore della Val d’Orcia dovremmo avere la sensibilità per valorizzare al meglio il nostro patrimonio. E pensare a un rilancio per il futuro». Bici, video, foto e diari on line sono solo una delle ricette per «svecchiare» la promozione della cultura italiana.
Un gruppo di under 30 su due ruote tra le città Unesco: hanno pedalato per ottomila chilometri in 108 giorni. Il film al Trento Film Festival.
Sono rimasti ammaliati dai racconti di un contadino della Val d’Orcia che conosceva per filo e per segno la storia del suo territorio. «Credo che se tutti
avessero la sua consapevolezza e il suo orgoglio non si venderebbero ad esempio souvenir trash in piazza dei Miracoli», dice Alessandro Cristofoletti, 28 anni, laureato in beni culturali. Le colline intorno a Pienza come la piazza centrale di Pisa sono state alcune delle tappe del suo progetto, «Unesco in bici», un viaggio di 108 giorni, pedalando per 5.000 chilometri, attraverso 44 siti di tutta Italia riconosciuti come patrimonio mondiale dell’umanità. Un’avventura no profit e un racconto multimediale della vacanza ecosostenibile di un gruppo di under 30, alla scoperta delle bellezze italiane che oggi, nella sua veste di documentario, approda al Trento Film Festival. In Toscana i sette protagonisti sono rimasti per dodici giorni (dal 23 giugno al 4 luglio 2010), sono passati sotto la torre di Pisa, attraverso il centro storico di Firenze, a San Gimignano, nella Siena dei giorni del Palio, infine a Pienza diretti verso i colli laziali. Sono proprio queste le città Unesco artefici della «crociata toscana» dell’estate scorsa in difesa del decoro e contro souvenir trash come quei boxer con l’immagine della Torre Pendente-simbolo fallico venduti nelle bancarelle in piazza dei Miracoli. «Abbiamo visto tutto quell’ammasso di banchi a Pisa.
Quel tipo di commercio è un modo veloce per fare due soldi subito, sfruttando i simboli delle città, senza pensare che con una gestione più accorta dell’immagine e rispetto del decoro si avranno entrate maggiori sul lungo termine» commenta Alessandro, che ha ideato il tour in bici. «Lo stesso si può dire per i tanti musei delle torture di San Gimignano, un modo per attrarre più turisti con il grottesco a buon mercato, ma che sì, distorce l’immagine della cittadina». Continua Alessandro: «In Italia purtroppo si tende a estremizzare in ogni senso. Nella nostra esperienza abbiamo trovato da una parte soprintendenze che tutelano anche in modo eccessivo i beni tanto che in alcuni casi non ci è stato permesso di fare delle riprese che avevano il solo scopo di promuovere i siti, dall’altra un turismo di massa che deturpa i luoghi». Alessandro racconta la Toscana come uno dei posti che più ammira, dove storia, cultura e enogastronomia sono valorizzati meglio che altrove, ma che con le altre regioni condivide vizi tutti italiani: «A Siena, dove il nostro camper di appoggio (eroico mezzo dell’89) ha rischiato di lasciarci a piedi, il meccanico che ci ha soccorso ci ha raccontato di non poter ristrutturare la facciata della sua casa in centro, perché dovrebbe chiamare operai specializzati (più richiedere vari permessi) e l’operazione verrebbe a costargli troppo. È il caso dell’Italia da cartolina, che si tende a lasciare sotto vetro, come è evidente nel caso dei trulli di Alberobello, per proteggerla anche dalla polvere. E i cittadini si sentono come statuine di un presepe». Continua Alessandro: «Bisogna trovare il modo di conservare l’identità ma con un approccio più moderno, certo più impegnativo. La cosa deve essere affrontata in modo serio. Nella storia le architetture più moderne hanno sempre affiancato quelle più antiche. La sfida coinvolge anche Firenze, come le altre città. Ci vuole il coraggio di far vivere passato e presente».
I ciclisti dell’Unesco sono rimasti colpiti dalla storia della Val d’Orcia, un paesaggio che è opera dell’uomo e che viene curato dagli abitanti «come fossero artisti del loro territorio». Ma anche da tutti quei turisti nel campeggio del piazzale Michelangelo a Firenze che pianificavano il loro viaggio in base alla lista dei siti Unesco: «Ci dobbiamo rendere conto di quale ricchezza abbiamo, unica nel mondo, e con la stessa consapevolezza dell’agricoltore della Val d’Orcia dovremmo avere la sensibilità per valorizzare al meglio il nostro patrimonio. E pensare a un rilancio per il futuro». Bici, video, foto e diari on line sono solo una delle ricette per «svecchiare» la promozione della cultura italiana.