di Laura De Vincentis
(VAL D'ORCIA - terra d'eccellenza)
Il dolce più conosciuto della Pasqua toscana è senza dubbio la schiacciata che viene preparata nel periodo della Settimana Santa e offerta nella giornata di Pasqua a parenti e amici accompagnata da un generoso bicchiere di Vin Santo e dall’immancabile uovo di cioccolata. L’origine della schiacciata, che è una “pizza pasquale” dolce, ha tradizioni antiche legate al mondo contadino. Il termine schiacciata deriva dal grande numero di uova che vengono utilizzate (schiacciate) per
ottenere questo dolce. L’usanza di utilizzare nel periodo Pasquale un grande numero di uova deriva direttamente dal Medioevo quando a causa della Quaresima, nei “40 giorni neri” era proibito mangiare tutto fuorché verdura e pesce, così enormi quantità di uova (una volta non esistevano i frigoriferi) si accatastavano in dispensa per poi essere utilizzate in grande quantità nella preparazione dei dolci pasquali.
La schiacciata si prepara con abbondanza di uova, zucchero, farina, lievito di birra, strutto, semi d’anice, arance, olio d’oliva, rosolio di menta, miele e Vin santo. Richiedendo almeno 3 lievitazioni, c’è chi inizia ad impastarla 3 giorni prima in una sorta di autentico rito prepasquale. Solitamente le schiacciate venivano preparate in grandi quantità che venivano regalate a parenti, amici e vicini di casa in segno di buona Pasqua e fratellanza Cristiana. In molti luoghi della provincia di Siena la schiacciata viene segnata da una raggiera di strisce a ricordare lo schema del “Sole raggiante” di San Bernardino. Le famiglie confezionavano le proprie schiacciate in casa e le cuocevano sul forno dell’aia. Con gli avanzi di pasta le mamme preparavano per i loro bambini il “corollo”, una sorta di ciambella lievitata. I bimbi aspettavano ansiosamente di poter sbocconcellare il corollo che si poteva mangiare già dal sabato santo mentre per la Schiacciata era d’obbligo aspettare la domenica di Pasqua. Curioso era il gioco che facevano i bimbi con i corolli, li mettevano legati al collo, con una cordicella, e li sbocconcellavano con grande attenzione per non rompere il buco, vinceva chi riusciva a fare durare il corollo più a lungo possibile.
Altri dolci della tradizione pasquale sono il ciambellone che deriva direttamente dalla schiacciata con la differenza che il viene cotto nel caratteristico stampo a ciambella. Poi vi sono gli Africani, biscotti a base di zucchero e tuorli d’uovo, il nome deriva dal colore nocciola che questi dolcetti acquisiscono in cottura, ma la leggenda racconta che il nome venne dato da una massaia che lasciandoli troppo tempo in forno li annerì. C’è il Salame dolce ovvero un rotolo di pasta biscotto bagnato di alkermes e farcito di cioccolato, e le Ciambelline di Pasqua conosciute anche come “Ciambelline degli sposi” molto in voga un tempo oggi purtroppo abbandonate per la laboriosa preparazione che richiedono tra cui la doppia cottura. Una ricetta semplicissima ma immancabile sulle tavole primaverili dei giorni di festa è il budinone di riso: riso cotto nel latte zuccherato e arricchito di canditi, uvetta, vaniglia e liquore. C’è poi il Pan di ramerino che è il tipico pane della Quaresima che si prepara il Giovedì Santo. Un pane di origine medievale di semplice fattura arricchito dal ramerino (rosmarino) macinato e mescolato insieme all’olio extravergine d’oliva. Questo pane nelle campagne era ritenuto un pane di devozione e, durante la Quaresima, veniva preparato con grandissima cura secondo un rituale ben preciso dove ogni ingrediente aveva il suo esatto significato simbolico. Nello specifico il rosmarino è simbolo dell’immortalità e dell’amore eterno. I Quaresimali infine sono dei biscotti di origine antichissima di colore nero e a forma di lettere dell’alfabeto, un tempo erano solo una A per “Alfa”, una O per “Omega”, e una M per “memento”, vengono preparati con miele, zucchero e farina e cotti nel forno a legna dopo che si è fatto il pane. Vengono colorati con il cioccolato o con il caramello a indicare il lutto quaresimale: non a caso, sino a poco tempo fa erano l’unico dolce che si poteva consumare in tempo di Quaresima.
Ricette e approfondimenti: www.antroalchimista.com
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Il dolce più conosciuto della Pasqua toscana è senza dubbio la schiacciata che viene preparata nel periodo della Settimana Santa e offerta nella giornata di Pasqua a parenti e amici accompagnata da un generoso bicchiere di Vin Santo e dall’immancabile uovo di cioccolata. L’origine della schiacciata, che è una “pizza pasquale” dolce, ha tradizioni antiche legate al mondo contadino. Il termine schiacciata deriva dal grande numero di uova che vengono utilizzate (schiacciate) per
ottenere questo dolce. L’usanza di utilizzare nel periodo Pasquale un grande numero di uova deriva direttamente dal Medioevo quando a causa della Quaresima, nei “40 giorni neri” era proibito mangiare tutto fuorché verdura e pesce, così enormi quantità di uova (una volta non esistevano i frigoriferi) si accatastavano in dispensa per poi essere utilizzate in grande quantità nella preparazione dei dolci pasquali.
La schiacciata si prepara con abbondanza di uova, zucchero, farina, lievito di birra, strutto, semi d’anice, arance, olio d’oliva, rosolio di menta, miele e Vin santo. Richiedendo almeno 3 lievitazioni, c’è chi inizia ad impastarla 3 giorni prima in una sorta di autentico rito prepasquale. Solitamente le schiacciate venivano preparate in grandi quantità che venivano regalate a parenti, amici e vicini di casa in segno di buona Pasqua e fratellanza Cristiana. In molti luoghi della provincia di Siena la schiacciata viene segnata da una raggiera di strisce a ricordare lo schema del “Sole raggiante” di San Bernardino. Le famiglie confezionavano le proprie schiacciate in casa e le cuocevano sul forno dell’aia. Con gli avanzi di pasta le mamme preparavano per i loro bambini il “corollo”, una sorta di ciambella lievitata. I bimbi aspettavano ansiosamente di poter sbocconcellare il corollo che si poteva mangiare già dal sabato santo mentre per la Schiacciata era d’obbligo aspettare la domenica di Pasqua. Curioso era il gioco che facevano i bimbi con i corolli, li mettevano legati al collo, con una cordicella, e li sbocconcellavano con grande attenzione per non rompere il buco, vinceva chi riusciva a fare durare il corollo più a lungo possibile.
Altri dolci della tradizione pasquale sono il ciambellone che deriva direttamente dalla schiacciata con la differenza che il viene cotto nel caratteristico stampo a ciambella. Poi vi sono gli Africani, biscotti a base di zucchero e tuorli d’uovo, il nome deriva dal colore nocciola che questi dolcetti acquisiscono in cottura, ma la leggenda racconta che il nome venne dato da una massaia che lasciandoli troppo tempo in forno li annerì. C’è il Salame dolce ovvero un rotolo di pasta biscotto bagnato di alkermes e farcito di cioccolato, e le Ciambelline di Pasqua conosciute anche come “Ciambelline degli sposi” molto in voga un tempo oggi purtroppo abbandonate per la laboriosa preparazione che richiedono tra cui la doppia cottura. Una ricetta semplicissima ma immancabile sulle tavole primaverili dei giorni di festa è il budinone di riso: riso cotto nel latte zuccherato e arricchito di canditi, uvetta, vaniglia e liquore. C’è poi il Pan di ramerino che è il tipico pane della Quaresima che si prepara il Giovedì Santo. Un pane di origine medievale di semplice fattura arricchito dal ramerino (rosmarino) macinato e mescolato insieme all’olio extravergine d’oliva. Questo pane nelle campagne era ritenuto un pane di devozione e, durante la Quaresima, veniva preparato con grandissima cura secondo un rituale ben preciso dove ogni ingrediente aveva il suo esatto significato simbolico. Nello specifico il rosmarino è simbolo dell’immortalità e dell’amore eterno. I Quaresimali infine sono dei biscotti di origine antichissima di colore nero e a forma di lettere dell’alfabeto, un tempo erano solo una A per “Alfa”, una O per “Omega”, e una M per “memento”, vengono preparati con miele, zucchero e farina e cotti nel forno a legna dopo che si è fatto il pane. Vengono colorati con il cioccolato o con il caramello a indicare il lutto quaresimale: non a caso, sino a poco tempo fa erano l’unico dolce che si poteva consumare in tempo di Quaresima.
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