"Non ho nulla da offrire se non sangue, fatica, lacrime e sudore". Se non l'avesse già scritta Winston Churchill, questa frase ce l'avrebbe messa l'attuale Governo italiano, negli archivi della storia. Ancora una volta è stato anticipato (maledizione!). Comunque, l'ora è buia ed ognuno dovrà fare l'ennesimo buco ad una cintura che orami sembra un traforo. Si parla di drastiche riduzioni dei privilegi dei parlamentari (ridimensionate sul filo di lana, le cinture di lorsignori sono griffate, mica le vorremo sciupare…), contributi di solidarietà per chi non ha affatto voglia di essere solidale e aumento
dell'Iva. Di un punto. Dall'ago al bambino (si fa per dire), sulla vendita di ogni prodotto si verserà un'imposta del 21%, e proprio in mezzo, tra l'ago e il bambino, ci sono i prodotti agricoli. Ed ovviamente, si penserà, gli operatori del settore leveranno cori di protesta: elementare, Watson. Però, però Però c'è il presidente dell’Unione Italiana Vini, pianeta grosso come Giove nella galassia delle organizzazioni di categoria del settore, che non solo dichiara la sua watsoniana contrarietà all'aumento del balzello, ma con straordinarie evoluzioni che nemmeno il miglior Roberto Bolle, ti lascia a bocca aperta ed occhi sgranati. Come vedere Pantani sul Tourmalet , tanto per rendere l'idea. Ammirevole per cuore e coraggio. Già, perché il Presidente Gioviano propone addirittura di abbattere l'Iva al 10%, e meglio ancora sarebbe al 4 (questo è spirito di sacrificio ), sui prodotti agricoli. E, per puro caso, il vino è uno di questi. Vediamone le motivazioni. Dice, il presidente del quinto pianeta dal sole, che - ahimè - il settore vitivinicolo è già duramente colpito dalla crisi dei consumi interni. Non vorremo mica far pagare lo scotto a chi, in decenni, è stato incapace di promuovere e stimolare i consumi, vero? Mica potrà rimetterci chi ha sbandierato la retorica della qualità pretendendo Doc e Docg per omnes et omnia, dal Barolo alle fecce di Roccacannuccia? Perciò, suvvìa, un aiutino a chi ha visto la gallina dalle uova d'oro e l'ha messa all'ingrasso e spremuta come un tubetto di dentifricio, per quei benefattori del Paese che hanno provocato un gigantismo nella produzione che ha fatto andare in crisi il mercato. E chi mai avrebbe potuto immaginare che la sovrapproduzione potesse far calare i prezzi???
Ma il presidentissimo del gigante gassoso non si ferma qui. Altro chiodo piantato nel palmo del martoriato vino è l'aumento del costo degli energetici, che si traduce in maggiori costi di trasporti e materie prime. Che però, guarda caso, aumentano per tutti, non solo per gli agricoltori (leggasi imprenditori del settore agricolo): quindi - se questo è motivo valido per chiedere l'abbattimento dell'Iva - questa deve essere abbattuta per tutte le produzioni, non solo per quella del primario. A meno che non si dimostri che, per chi produce laminati o copertoni per auto, l'aumento del costo dell'energia non si traduca in minori costi di produzione. Forse su Giove è così.
Poi, il capolavoro. L'impresa. Perché "the President" gioca la carta fresca di stampa e buona per ogni occasione: la dieta mediterranea. Oh, gaudio! Eh sì, perché - cavolo! - per la dieta mediterranea vidimata Unesco il vino è un alimento tipico del nostro way of life! Dunque, dice il presidente, non è un bene voluttuario, ma di consumo quotidiano. Ecchissenefrega se i numeri dicono che no, in Italia lo bevono quotidianamente in pochissimi, e che i più (che comunque sono meno di quelli che non lo bevono quasi mai) non lo fanno perché il vino è un prodotto di lusso! "Ma possono acquistare il vinello del contadino, che costa poco", penserà qualcuno. Già, ma a parte il fatto che, se non proprio l'uovo, almeno qualche penna della gallina di cui sopra oggi la vuole anche il contadino, ed il vino a basso prezzo è merce sempre più rara, dobbiamo metterci d'accordo: bere meno e meglio (e dunque a prezzi più alti), o bere tutti ogni giorno e qualsiasi ciofeca da 1 euro al litro? Perché, metafora quantomai adatta, è ardua impresa avere la botte piena e la moglie ubriaca.
Non si fraintenda, è ovvio che un aumento dell'Iva non stimolerà certo i consumi, dato che a pagarla saranno comunque i consumatori finali. Se da Giove fossero arrivati segnali di questo genere sarebbe stato intellettualmente onesto. Lasciar intendere che aumentare i costi del vino è come togliere pane agli affamati, invece, non lo è. E, sinceramente, il piagnisteo delle associazioni di categoria vinicole nei confronti di tutto ciò che è esterno ad un comparto ancora incapace di gestire il proprio mercato, ha decisamente stancato.
dell'Iva. Di un punto. Dall'ago al bambino (si fa per dire), sulla vendita di ogni prodotto si verserà un'imposta del 21%, e proprio in mezzo, tra l'ago e il bambino, ci sono i prodotti agricoli. Ed ovviamente, si penserà, gli operatori del settore leveranno cori di protesta: elementare, Watson. Però, però Però c'è il presidente dell’Unione Italiana Vini, pianeta grosso come Giove nella galassia delle organizzazioni di categoria del settore, che non solo dichiara la sua watsoniana contrarietà all'aumento del balzello, ma con straordinarie evoluzioni che nemmeno il miglior Roberto Bolle, ti lascia a bocca aperta ed occhi sgranati. Come vedere Pantani sul Tourmalet , tanto per rendere l'idea. Ammirevole per cuore e coraggio. Già, perché il Presidente Gioviano propone addirittura di abbattere l'Iva al 10%, e meglio ancora sarebbe al 4 (questo è spirito di sacrificio ), sui prodotti agricoli. E, per puro caso, il vino è uno di questi. Vediamone le motivazioni. Dice, il presidente del quinto pianeta dal sole, che - ahimè - il settore vitivinicolo è già duramente colpito dalla crisi dei consumi interni. Non vorremo mica far pagare lo scotto a chi, in decenni, è stato incapace di promuovere e stimolare i consumi, vero? Mica potrà rimetterci chi ha sbandierato la retorica della qualità pretendendo Doc e Docg per omnes et omnia, dal Barolo alle fecce di Roccacannuccia? Perciò, suvvìa, un aiutino a chi ha visto la gallina dalle uova d'oro e l'ha messa all'ingrasso e spremuta come un tubetto di dentifricio, per quei benefattori del Paese che hanno provocato un gigantismo nella produzione che ha fatto andare in crisi il mercato. E chi mai avrebbe potuto immaginare che la sovrapproduzione potesse far calare i prezzi???
Ma il presidentissimo del gigante gassoso non si ferma qui. Altro chiodo piantato nel palmo del martoriato vino è l'aumento del costo degli energetici, che si traduce in maggiori costi di trasporti e materie prime. Che però, guarda caso, aumentano per tutti, non solo per gli agricoltori (leggasi imprenditori del settore agricolo): quindi - se questo è motivo valido per chiedere l'abbattimento dell'Iva - questa deve essere abbattuta per tutte le produzioni, non solo per quella del primario. A meno che non si dimostri che, per chi produce laminati o copertoni per auto, l'aumento del costo dell'energia non si traduca in minori costi di produzione. Forse su Giove è così.
Poi, il capolavoro. L'impresa. Perché "the President" gioca la carta fresca di stampa e buona per ogni occasione: la dieta mediterranea. Oh, gaudio! Eh sì, perché - cavolo! - per la dieta mediterranea vidimata Unesco il vino è un alimento tipico del nostro way of life! Dunque, dice il presidente, non è un bene voluttuario, ma di consumo quotidiano. Ecchissenefrega se i numeri dicono che no, in Italia lo bevono quotidianamente in pochissimi, e che i più (che comunque sono meno di quelli che non lo bevono quasi mai) non lo fanno perché il vino è un prodotto di lusso! "Ma possono acquistare il vinello del contadino, che costa poco", penserà qualcuno. Già, ma a parte il fatto che, se non proprio l'uovo, almeno qualche penna della gallina di cui sopra oggi la vuole anche il contadino, ed il vino a basso prezzo è merce sempre più rara, dobbiamo metterci d'accordo: bere meno e meglio (e dunque a prezzi più alti), o bere tutti ogni giorno e qualsiasi ciofeca da 1 euro al litro? Perché, metafora quantomai adatta, è ardua impresa avere la botte piena e la moglie ubriaca.
Non si fraintenda, è ovvio che un aumento dell'Iva non stimolerà certo i consumi, dato che a pagarla saranno comunque i consumatori finali. Se da Giove fossero arrivati segnali di questo genere sarebbe stato intellettualmente onesto. Lasciar intendere che aumentare i costi del vino è come togliere pane agli affamati, invece, non lo è. E, sinceramente, il piagnisteo delle associazioni di categoria vinicole nei confronti di tutto ciò che è esterno ad un comparto ancora incapace di gestire il proprio mercato, ha decisamente stancato.