(Estratto da Erbe di Val d'Orcia, di Augusto de Bellis - 1988, Editori del Grifo)
Certo, oggi, in paese certe pratiche con le erbe non si usano più come una volta quando le nonne avevano un rimedio per ogni malanno. Però, ci sono due o tre ricette popolari che avranno ancora lunga vita grazie alla loro efficacia per certi malucci di cui oggi molti si lamentano. Il fatto più curioso è che, stranamente, la pianticella utilizzata per confezionare un olio antiemorroidale eccellente, non ha un vero e proprio nome volgare, né altro nome comune se
non vagamente per qualcuno, quello di "erbina". E' molto facile, dicono, cuocere in olio di oliva una manciata di "erbina", colare, aggiungere cera vergine di api e mettere in boccette di vetro, è questo un rimedio sicuro per le emorroidi; io ha avuto la soddisfazione di accertarmi che quell'esile ma diffusa erbina dei luoghi aridi, che forse qualcuno chiama anche "miseria", in contrapposizione alla "ricchezza" (Risetto), nome volgare attribuito ad una pianticella estremamente simile alla precedente, appartiene alla famiglia delle Crassulacee e porta il nome scientifico di Sedum Sexangula- rei.
Una variante alla ricetta antiemorroidale,un pò meno diffusa ma pur sempre valida, sta nell'aggiungere agli ingredienti di cui sopra, lombrichi cotti in olio di oliva.
Quale ferita è più dolorosa di una bruciatura? A Pienza, ancora oggi, in qualche casa di origine contadina, viene preparato un unguento con il comunissimo Sambuco o Sambucus nigra L. della famiglia delle Caprifoliacee, del quale viene presa la seconda corteccia e cotta con olio e sugna. E' ovvio, che se questa pratica resiste, lo deve alla sua efficacia.