Nicola Pisano, La Madonna del Latte.
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(di Antonio Sigillo)
Nel numero precedente abbiamo affrontato il tema dei siti galattofori e delle singolari coincidenze con i precedenti culti pre e post cristiani.
Nel numero precedente abbiamo affrontato il tema dei siti galattofori e delle singolari coincidenze con i precedenti culti pre e post cristiani.
Oggi esamineremo come la chiesa attraverso l’arte in toscana e nel sud di Siena, si sia forzatamente contrapposta ai passati culti pagani. Inoltre scopriremo come la moderna bioarchitettura si pone nei confronti delle antiche ma suffragate credenze, che le intersezioni delle correnti d’acqua sotterranee, evidenziano dei “punti di energia” che potrebbero avere degli effetti negativi sull'organismo umano.
Le Fonti, le Pocce Lattaie e le Buche
Alle “Pocce Lattaie”, sito galattoforo in località “Pianoia” nel territorio di Pienza la frequentazione, attestata già in epoca romana, è presente fino agli anni 1950/60, nonostante sopra di essa a poca distanza vi fosse contrapposta un piccola Pieve. Oggi la struttura chiesastica è un’abitazione civile, ma il toponimo (Pievina) è rimasto.
Una località dalla bellezza suggestiva è la buca delle “Costarelle” poi “Buca del Beato”, a poca distanza da Monticchiello sempre nel territorio di Pienza: posta alla sommità di un burrone rappresenta un forte contrasto con l’aspetto orrido della voragine. Nel profondo burrone scavato nel calcare dal torrente Tresa, si apre la “Buca del Beato” che ha tre ingressi a differenti altezze nella parete destra. La frequentazione attestata risale dall’epoca neolitica all’epoca romana e medioevale ed è ricollegabile con possibili culti dell’acqua. In contrapposizione, nel 1400, nell'ingresso superiore, visse Giovanni Benincasa (1375-1426) che, dopo aver soggiornato in vari eremi, si stabilì in questa cavità dove morì. Il suo corpo, dopo liti e smembramenti vari (era conteso dai Padri Serviti di Firenze e dagli abitanti del paese) fu infine tumulato nella Chiesa parrocchiale. Sulla sua vita sorsero molte leggende. La più nota parla delle sue lotte contro il demonio che egli scacciò facendolo saltare al di là del baratro e del quale sarebbero rimaste le impronte, tuttora visibili, impresse sull'orlo del precipizio e chiamate proprio “le orme del diavolo”: in realtà si tratta di vaschette di corrosione superficiale.
La rappresentazione nell'arte dell'immagine della Madonna del Latte
Il tema della “Madonna del Latte” in pittura e scultura nasce, per arginare il fenomeno, profano e pagano, delle grotte, delle fonti o delle pocce lattaie, che tanta accoglienza trovavano nella massa popolare. Servì anche a commissionare ad artisti toscani e senesi, l'immagine della Madonna con il Bambino da collocare all'interno di chiese o in luoghi limitrofi alle zone sopraccitate.
Il primo riferimento pittorico riconducibile al territorio del basso senese è un immagine pittorica di natura sacra di Ambrogio Lorenzetti che, nel 1340, raffigurerà questo soggetto su tavola, (Seminario Regionale “Pio XII” di Siena) con il quale egli esprime una straordinaria capacità inventiva ed una forte originalità. La sua linea pittorica è chiara e sintetica, seguendo i dettami della scuola senese. Nella visione religiosa, il gesto della Madonna del Latte che nutre il Bambino, è una delle più tenere raffigurazioni di riferimento evangelico rivolte alla Vergine che, oltre ad essere la madre degli uomini oltre che del Cristo, acquista nell'amorevolezza del latte, una prerogativa concreta e tenera. L'immagine della madonna con Bambino iniziò a diffondersi dal 431, dopo il concilio di Efeso, che ribadì la figura di Dio, oltre che di Gesù. La visione dottrinale fu portata in Occidente dall'iconografia bizantina, ma la consueta rigidità era oramai da tempo superata da rappresentazioni più interiori che ritraevano Madre e Bambino mentre si guardano e si abbracciano.
L'esposizione del seno della Vergine sottolinea i tratti umani dell'incarnazione divina del Bambino, che diviene così terreno da avere la necessità di nutrirsi e di incontrare il calore materno. La raffigurazione presenta anche richiami teologici: il latte come assegnazione della Grazia. Spesso nel medioevo il Bambino era raffigurato oramai grande e rivolto verso l'osservatore (vedi Ambrogio Lorenzetti). Troviamo molte varianti stilistiche e iconografiche sul tema della Madonna che allatta, riprese dalla miniature e dalle pitture di epoche diverse e di paesi diversi. Il soggetto è tra i più antichi motivi dell'iconografia religiosa ed un'immagine è presente anche a Roma nelle catacombe di Santa Priscilla con richiami ed analogie a divinità egizie come nella raffigurazione di Iside che allatta Horus.
Nell'arte la raffigurazione della Madonna del Latte è ripresa dalle raffinate miniature francesi del 1300. Lo stesso tema in scultura è sviluppato da Nicola Pisano (1215/1220 – 1278/1284), in marmo policromato. L’opera fu realizzata intorno al 1345 per la Chiesa di Santa Caterina quando Nino, in collaborazione con il padre Andrea (1290 – Orvieto, 1348 o 1349).
Il successivo sviluppo della raffigurazione della Madonna del Latte, sarà variamente interpretato da artisti che, filtrando il tema secondo il gusto e la sensibilità del proprio secolo. Jan Van Eyck (ca. 1380/90–1441) affronta il soggetto con la precisione grafica e cromatica dei fiamminghi: la sua Madonna del Latte è raffigurata con le vesti di una nobile dama in trono, che avvolge il Bambino tra le pieghe sontuose dell'abito. Michelangelo (1475– 1564) propone, nella sua piccola opera scultorea in marmo, (Madonna Medici), una Madonna più contemplativa, in cui, a dispetto della vicinanza fisica con il figlio, il contatto risulta essere più distaccato e platonico, diverso da quello raffigurato dalla popolarissima tela del Correggio (1489–1534), in cui la composizione rappresenta un'umiltà serenamente concreta e terrena.
Ritroviamo i ritratti realistici delle Madonne del Latte fin dal '600 nella pittura di EI Greco (1541-1614) e di de Zurbaràn (1598–1664), questa ultima in una scena di serena intimità domestica tra madre e figlio, immaginando il neonato, teneramente abbandonato nelle braccia materne.
Un sunto finale lo offre la pittura di Caravaggio (1571–1610) che, tra densi chiaroscuri, interpreta, nel duplice ritratto, una religiosità oramai lontana dalle ieratiche adorazioni precedenti e la spiritualità e le profonde valenze del nutrimento, materno oltre che mistico.
La bioarchitettura
La bioarchitettura, o "biologia del costruire", non si propone solo di evitare i danni di una casa "inquinata". Va oltre: considera la casa come un secondo "guscio" (il primo sono i vestiti). Data questa concezione, cerca di riscoprire e recuperare sistemi di costruzione semplici e naturali a misura d'uomo. Lo spazio abitativo diventa, così, un habitat rassicurante che, senza procurare ansie o timori, protegge, esprime la personalità dei suoi abitanti e offre tutto ciò di cui una persona ha bisogno. La bioarchitettura paragona la casa a un organismo vivente. I suoi muri devono "respirare", per trattenere il calore d'inverno e disperderlo in estate. I materiali con cui è costruita devono essere i più possibili naturali. I colori, la forma, la disposizione delle stanze devono generare benessere.
La rete di Hartmann
La bioarchitettura prende in attenta valutazione anche il terreno su cui sorge l'edificio. La casa ecologica, consigliano i suoi sostenitori, non deve essere fabbricata su un terreno umido o che presenta una radioattività naturale superiore alla media. Secondo alcuni studiosi un reticolo elettromagnetico (detto "rete di Hartmann” dal nome del suo scopritore) circonderebbe la superficie terrestre con una rete invisibile, di linee elettromagnetiche e fasce. Questa rete muterebbe però in rapporto alla resistenza dei diversi materiali ai campi geomagnetici e in coincidenza delle linee idriche, di fiumi sotterranei, delle linee del vento. Dove le linee elettromagnetiche si intersecano (i cosiddetti "nodi"), soprattutto in corrispondenza di crepacci, corsi d'acqua sotterranei e giacimenti minerari, si ipotizzano conseguenze nocive sull'organismo umano.