Dagli inizii nella Roma dei mitici tempi della “Dolce vita”, si era a suo modo conservato personaggio felliniano di raffinato talento e personalità complessa dai molteplici interessi. Giornalista, fotografo di alta moda, manager dalle idee brillanti e di sicuro successo.
Un protagonista difficile da contenere e raccontare in un articolo. Tanto la sua intensa e straordinaria vicenda umana e professionale si presenta costellata e intrecciata di interessi, eventi e rapporti con alcuni dei più importanti protagonisti del nostro tempo.
La notizia della sua scomparsa riconduce ai magnifici anni ’60 e alla stagione esaltante dei sogni giovanili. Tempi di passione per il giornalismo, che a Teramo, piccola città lontana dal mondo, alimentava speranze e progetti di un ristretto gruppo di amici. Tutti legati a Sandro Morriconi e Giammario Sgattoni, “leader” del circoletto anche per motivi anagrafici. Sandro aveva cominciato nei giornali studenteschi, pubblicando con altri il periodico “Il cavolo a merenda”.
Il ragazzo che sapeva apprendere in fretta, appena 16nne era diventato corrispondente provinciale de “Il Tempo”. “Fu una splendida esperienza- Sandro così ricordava quel periodo- La redazione province del giornale di Angiolillo era diventata un vivaio di giornalisti di classe, sotto la guida di Egidio Sterpa, eletto in seguito senatore liberale”.
Ebbi la fortuna di entrare in quel gruppetto di privilegiati, che a Roma frequentava la scuola di Palazzo Wedekind, sede de “Il Tempo”, con Gianni Letta, Bruno Vespa, Mino D’Amato e altri.
Era toccato proprio a me, nell’ufficio corrispondenza locale del grande quotidiano romano, sostituire Sandro Morriconi. Che, da giornalista di razza “in pectore” e, prima di tutto, “battitore libero”, aveva deciso di fare il grande salto verso la metropoli. Allora miraggio difficile di tutti noi. Ricordo le serate trascorse insieme, parlando di rischi e prospettive del “salto al buio” verso la Capitale. Da una provincia, quella di allora, blindata dentro confini rigidi e invalicabili. Lontanissima dagli ambienti dove si faceva cultura e grande giornalismo. Sandro, alla fine, trovò la forza necessaria e partì con la sua valigia piena di speranze.
E al resto del nostro gruppo impartì una formidabile lezione di coraggio. L’ex corrispondente di provincia si trovò così immerso nella Roma di Fellini e Flaiano, negli anni memorabili della “Dolce vita”. A Sandro capitò di vivere nella vita reale, l’identica esperienza che il giornalista Marcello Mastroianni della finzione cinematografica interpretava da protagonista nel celebre film felliniano.
Furono subito in tanti a credere nelle qualità del ragazzo arrivato da Teramo, intraprendente e professionalmente attrezzato. Gaetano Baldacci, direttore de Il Giorno, gli affidò alcuni importanti servizi da inviato speciale. Arrigo Benedetti, fondatore dell’Espresso formato lenzuolo e mostro sacro del giornalismo del dopoguerra, gli pubblicò alcune inchieste e servizi che lo proiettarono sulla ribalta nazionale. Specie quando si trovò a Belgrado e Tito si staccò dal blocco orientale e, poco dopo, in Algeria durante la rivolta per l’indipendenza. Da quelle esperienze, vennero fuori reportages e articoli eccezionali, che lo collocarono in primo piano.
Giornalista, ma prima di tutto “battitore libero” e di questo occorre sempre tener conto, raccontando di Morriconi. Dopo il giornalismo d’assalto, Sandro cominciò ad occuparsi di cinema. Durante la lavorazione dei film di Sergio Leone, ebbe la sorpresa di incontrare l’assistente del regista, Tonino Valerii, altro teramano inurbato nella Capitale, spinto dalla passione per il cinema. Ma fu solo un passaggio, per approdare alla fotografia. Quando Morriconi scoprì che “fotografare era più divertente, ma soprattutto molto più redditizio”.
Quella della foto di moda era allora un campo ricco di possibilità, negli anni ’60, che segnarono la nascita del made in Italy. Bravo in tutto ciò che faceva, Sandro non si accontentava, senza primeggiare, nel giornalismo come nella fotografia. Fino ad essere conteso dagli editori delle più importanti riviste internazionali di alta moda. Molto lo aveva aiutato l’incontro con Tilly Tizzani, cara e raffinata compagna di scuola, che ritrovò a Roma apprezzata ed affascinante top-model di Schuberth. Un sodalizio sentimentale e professionale che fece da base al successo della giovane indossatrice, divenuta celebre in tutto il mondo, e del suo fotografo-fidanzato. Ma il “battitore libero” non sapeva fermarsi, e determinò il successo e il lanciò di altri volti femminili, divenuti famosi nel mondo rutilante dell’alta moda.
Dieci anni dedicati alla fotografia di moda e un bilancio davvero sorprendente: migliaia di foto pubblicate, più di mille copertine sulle riviste più importanti. Il primo servizio sulla minigonna pubblicato dal settimanale “Gioia” di Rusconi portava la sua firma. Del maestro dell’biettivo che in Italia aveva fotografato modelli di Valentino, Irene Galitzine, Schuberth, Balestra,Sorelle Fontana.
Fotografo e amico personale di Emilio Pucci, il celebre personaggio gli svelò la vicenda clamorosa dei suoi rapporti con Edda Ciano. Nella fotografia di moda, in quegli anni, c’era tutto da inventare, e Sandro Morriconi nel campo si rivelò innovativo e rivoluzionario. Quanto bastava per chiudere ancora una volta capitolo e girare pagina, passando a nuovi interessi. All’amore per la campagna e alla passione per i prodotti naturali. Ciò che rivelano in Sandro Morriconi grandi capacità manageriali, con la creazione del “Club delle Fattorie” prima e poi di “Bottega verde”. Aziende d’avanguardia, con almeno 30 anni di anticipo, nella ricerca di prodotti alimentari e cosmetici naturali selezionati. Idee e iniziative nate e lanciate dall’esilio verde fra Pienza e Montepulciano.
Dove Sandro ha vissuto per il resto della vita, sempre più isolato e lontano dagli amici di un tempo. Scovato anni fa dalla rivista "Capital", che pubblicò un articolo su personaggi che avevano cambiato vita. Gli era rimasta tuttavia un po’ di nostalgia del suo Abruzzo e della città natale. Ma c’era qualcosa che Sandro non sapeva fare: tornare indietro, innovativo e creativo come sapeva essere. Più che il passato, amava conoscere e anticipare il futuro. Una ricerca che forse lo ha tormentato fino all’ultimo, andandosene in silenzio. Come non si addice ad un protagonista del suo calibro, che ha saputo confermarsi unico e straordinario fino all’ultimo.
(di Marcello Martelli, tratto da: www.piazzagrande.info)
Un protagonista difficile da contenere e raccontare in un articolo. Tanto la sua intensa e straordinaria vicenda umana e professionale si presenta costellata e intrecciata di interessi, eventi e rapporti con alcuni dei più importanti protagonisti del nostro tempo.
La notizia della sua scomparsa riconduce ai magnifici anni ’60 e alla stagione esaltante dei sogni giovanili. Tempi di passione per il giornalismo, che a Teramo, piccola città lontana dal mondo, alimentava speranze e progetti di un ristretto gruppo di amici. Tutti legati a Sandro Morriconi e Giammario Sgattoni, “leader” del circoletto anche per motivi anagrafici. Sandro aveva cominciato nei giornali studenteschi, pubblicando con altri il periodico “Il cavolo a merenda”.
Il ragazzo che sapeva apprendere in fretta, appena 16nne era diventato corrispondente provinciale de “Il Tempo”. “Fu una splendida esperienza- Sandro così ricordava quel periodo- La redazione province del giornale di Angiolillo era diventata un vivaio di giornalisti di classe, sotto la guida di Egidio Sterpa, eletto in seguito senatore liberale”.
Ebbi la fortuna di entrare in quel gruppetto di privilegiati, che a Roma frequentava la scuola di Palazzo Wedekind, sede de “Il Tempo”, con Gianni Letta, Bruno Vespa, Mino D’Amato e altri.
Era toccato proprio a me, nell’ufficio corrispondenza locale del grande quotidiano romano, sostituire Sandro Morriconi. Che, da giornalista di razza “in pectore” e, prima di tutto, “battitore libero”, aveva deciso di fare il grande salto verso la metropoli. Allora miraggio difficile di tutti noi. Ricordo le serate trascorse insieme, parlando di rischi e prospettive del “salto al buio” verso la Capitale. Da una provincia, quella di allora, blindata dentro confini rigidi e invalicabili. Lontanissima dagli ambienti dove si faceva cultura e grande giornalismo. Sandro, alla fine, trovò la forza necessaria e partì con la sua valigia piena di speranze.
E al resto del nostro gruppo impartì una formidabile lezione di coraggio. L’ex corrispondente di provincia si trovò così immerso nella Roma di Fellini e Flaiano, negli anni memorabili della “Dolce vita”. A Sandro capitò di vivere nella vita reale, l’identica esperienza che il giornalista Marcello Mastroianni della finzione cinematografica interpretava da protagonista nel celebre film felliniano.
Furono subito in tanti a credere nelle qualità del ragazzo arrivato da Teramo, intraprendente e professionalmente attrezzato. Gaetano Baldacci, direttore de Il Giorno, gli affidò alcuni importanti servizi da inviato speciale. Arrigo Benedetti, fondatore dell’Espresso formato lenzuolo e mostro sacro del giornalismo del dopoguerra, gli pubblicò alcune inchieste e servizi che lo proiettarono sulla ribalta nazionale. Specie quando si trovò a Belgrado e Tito si staccò dal blocco orientale e, poco dopo, in Algeria durante la rivolta per l’indipendenza. Da quelle esperienze, vennero fuori reportages e articoli eccezionali, che lo collocarono in primo piano.
Giornalista, ma prima di tutto “battitore libero” e di questo occorre sempre tener conto, raccontando di Morriconi. Dopo il giornalismo d’assalto, Sandro cominciò ad occuparsi di cinema. Durante la lavorazione dei film di Sergio Leone, ebbe la sorpresa di incontrare l’assistente del regista, Tonino Valerii, altro teramano inurbato nella Capitale, spinto dalla passione per il cinema. Ma fu solo un passaggio, per approdare alla fotografia. Quando Morriconi scoprì che “fotografare era più divertente, ma soprattutto molto più redditizio”.
Quella della foto di moda era allora un campo ricco di possibilità, negli anni ’60, che segnarono la nascita del made in Italy. Bravo in tutto ciò che faceva, Sandro non si accontentava, senza primeggiare, nel giornalismo come nella fotografia. Fino ad essere conteso dagli editori delle più importanti riviste internazionali di alta moda. Molto lo aveva aiutato l’incontro con Tilly Tizzani, cara e raffinata compagna di scuola, che ritrovò a Roma apprezzata ed affascinante top-model di Schuberth. Un sodalizio sentimentale e professionale che fece da base al successo della giovane indossatrice, divenuta celebre in tutto il mondo, e del suo fotografo-fidanzato. Ma il “battitore libero” non sapeva fermarsi, e determinò il successo e il lanciò di altri volti femminili, divenuti famosi nel mondo rutilante dell’alta moda.
Dieci anni dedicati alla fotografia di moda e un bilancio davvero sorprendente: migliaia di foto pubblicate, più di mille copertine sulle riviste più importanti. Il primo servizio sulla minigonna pubblicato dal settimanale “Gioia” di Rusconi portava la sua firma. Del maestro dell’biettivo che in Italia aveva fotografato modelli di Valentino, Irene Galitzine, Schuberth, Balestra,Sorelle Fontana.
Fotografo e amico personale di Emilio Pucci, il celebre personaggio gli svelò la vicenda clamorosa dei suoi rapporti con Edda Ciano. Nella fotografia di moda, in quegli anni, c’era tutto da inventare, e Sandro Morriconi nel campo si rivelò innovativo e rivoluzionario. Quanto bastava per chiudere ancora una volta capitolo e girare pagina, passando a nuovi interessi. All’amore per la campagna e alla passione per i prodotti naturali. Ciò che rivelano in Sandro Morriconi grandi capacità manageriali, con la creazione del “Club delle Fattorie” prima e poi di “Bottega verde”. Aziende d’avanguardia, con almeno 30 anni di anticipo, nella ricerca di prodotti alimentari e cosmetici naturali selezionati. Idee e iniziative nate e lanciate dall’esilio verde fra Pienza e Montepulciano.
Dove Sandro ha vissuto per il resto della vita, sempre più isolato e lontano dagli amici di un tempo. Scovato anni fa dalla rivista "Capital", che pubblicò un articolo su personaggi che avevano cambiato vita. Gli era rimasta tuttavia un po’ di nostalgia del suo Abruzzo e della città natale. Ma c’era qualcosa che Sandro non sapeva fare: tornare indietro, innovativo e creativo come sapeva essere. Più che il passato, amava conoscere e anticipare il futuro. Una ricerca che forse lo ha tormentato fino all’ultimo, andandosene in silenzio. Come non si addice ad un protagonista del suo calibro, che ha saputo confermarsi unico e straordinario fino all’ultimo.
(di Marcello Martelli, tratto da: www.piazzagrande.info)