Sant'Antimo - Castelnuovo dell'abate - Villa della Sesta - Sant'Angelo in Colle
Da Sant'Antimo a Sant'Angelo in Colle si compie una passeggiata particolare, due ore appena, attraverso quel mezzogiorno ilcinese che, confinando con le asprezze della Maremma, conserva ad un tempo la gentilezza della terra senese. Si esprime qui l'antico dilemma della Repubblica, eternamente sospesa fra il sogno di grandezza della Balzana e l'angustia di una terra povera, alla ricerca spasmodica dell'acqua e del mare. Camminando lungo questa direttrice, una splendida strada bianca da conservare, si ritrova l'armonia di un paesaggio agrario tradizionale, dove la contesa fra la foresta e lo spazio coltivato, si risolve in una continua sfida consumata sulle colline.
Lasciando S. Antimo e incamminandoci verso Sant'Angelo in Colle, la strada gira sotto le mura di Castelnuovo e va ad infilarsi in mezzo ad un oliveto antico, dove le piante monumentali, olivastri secolari dai tronchi aperti e nervosi, assumono l'aspetto di sculture antiche. La strada conserva il fascino della viabilità storica maggiore ed i segni attorno sono chiari. Le case coloniche La Fonte e il Colombaio, cortiletti, torrioni, annessi in pietra, resti di fortificazioni. Più in basso, sotto il Colombaio, seguendo il fosso che rovina a valle, si trova una piccola sorgente calcarea: è la Fonte Lattaia del territorio, da cui sgorga liquido 'miracoloso'.
La Fonte Lattaia è un bene da conservare a cui accostarsi con religioso rispetto, e per questo motivo non è bene spingere qui troppi curiosi. Andrete alla Fonte Lattaia solo se ne avrete bisogno, la cercherete e la troverete. Nei luoghi eletti dalla storia degli uomini ad aree salvifiche non si va a fare merenda... si va solo a cercare la salvezza. o almeno la salute. Questo territorio abitato fin dall'età neolitica e poi da coloro che seguirono fino agli etruschi e ai romani, aveva nella Fonte Lattaia la sua risorsa autoprotettiva e salvifica, una sorta di genius loci della maternità e della vita. La memoria storica opera talvolta i suoi prodigi e vicino alla fonte si trovano spesso piccoli 'ex voto' e segni di una devozione e di una pratica magico-curativa che dura. nell'era dell'accesso e del post-moderno. Meglio così, segno che non siamo ancora del tutto privi di umanità e che l'arroganza del progresso non ha cancellato la fede nella natura.
Lungo la via si incontra la Villa della Sesta, un toponimo molto esplicito, legato forse alla antica centuriazione e alla sua viabilità, come conferma il sito archeologico che qui si trova. Camminando in questo cono di luce ci si avvicina lentamente allo spazio boscoso che si addensa sotto Sant'Angelo. La Casa Nova della fattoria Lisini si dispone lungo la via con l'armonia dei suoi volumi eleganti, la sua loggia spaziosa che sembra aprirsi a chi arriva lì sotto, con le sue arcate e il portale. Questa architettura rurale conserva alcuni elementi della tradizione rinascimentale e da questo linguaggio costruttivo emerge l'antico orgoglio signorile non del tutto sopito nelle campagne toscane.
Poco dopo si intravede da lontano l'abitato di Sant'Angelo in Colle. Allerat era il nome del presbitero longobardo che che parlava di Sant'Angelo a Liutprando in una legazione del 715. Il castello fu fortificato dai senesi dopo l'avvenuta sottomissione e poi divenne rifugio del fuoriuscitismo ghibellino. L'Ospedale senese tenne qui a lungo una delle sue grance di Maremma, una grancia ricca e bene organizzata sulla strada delle transumanze. A Sant'Angelo in Colle la sua forma a spirale di pietra e di cotto avvolge dolcemente la collina, aprendosi sugli orti minuscoli, sui giardini avari di spazio, ma non di grazia antica, dove si intrecciano roseti e cespugli di viole. Un tessuto ordinato di vicoli esce dalle mura, le casette hanno la loro piccola loggia in evidenza e la piccola comunità vive come aggrappata a questo miracolo di staticità. Sotto Sannt'Angelo si apre la Val d'Orcia ilcinese e lontano si intravede già la distesa delle colline della Maremma.
(di Fabio Pellegrini - tratto da Gazzettino e Storie del Brunello, luglio 2008)
Itinerario: | Di collegamento |
Tempo: | 2 ore |
Altitudine: | Max. 410 m | minima 260 m |
Percorso: | Guardalo su Google Maps |
Da Sant'Antimo a Sant'Angelo in Colle si compie una passeggiata particolare, due ore appena, attraverso quel mezzogiorno ilcinese che, confinando con le asprezze della Maremma, conserva ad un tempo la gentilezza della terra senese. Si esprime qui l'antico dilemma della Repubblica, eternamente sospesa fra il sogno di grandezza della Balzana e l'angustia di una terra povera, alla ricerca spasmodica dell'acqua e del mare. Camminando lungo questa direttrice, una splendida strada bianca da conservare, si ritrova l'armonia di un paesaggio agrario tradizionale, dove la contesa fra la foresta e lo spazio coltivato, si risolve in una continua sfida consumata sulle colline.
Lasciando S. Antimo e incamminandoci verso Sant'Angelo in Colle, la strada gira sotto le mura di Castelnuovo e va ad infilarsi in mezzo ad un oliveto antico, dove le piante monumentali, olivastri secolari dai tronchi aperti e nervosi, assumono l'aspetto di sculture antiche. La strada conserva il fascino della viabilità storica maggiore ed i segni attorno sono chiari. Le case coloniche La Fonte e il Colombaio, cortiletti, torrioni, annessi in pietra, resti di fortificazioni. Più in basso, sotto il Colombaio, seguendo il fosso che rovina a valle, si trova una piccola sorgente calcarea: è la Fonte Lattaia del territorio, da cui sgorga liquido 'miracoloso'.
La Fonte Lattaia è un bene da conservare a cui accostarsi con religioso rispetto, e per questo motivo non è bene spingere qui troppi curiosi. Andrete alla Fonte Lattaia solo se ne avrete bisogno, la cercherete e la troverete. Nei luoghi eletti dalla storia degli uomini ad aree salvifiche non si va a fare merenda... si va solo a cercare la salvezza. o almeno la salute. Questo territorio abitato fin dall'età neolitica e poi da coloro che seguirono fino agli etruschi e ai romani, aveva nella Fonte Lattaia la sua risorsa autoprotettiva e salvifica, una sorta di genius loci della maternità e della vita. La memoria storica opera talvolta i suoi prodigi e vicino alla fonte si trovano spesso piccoli 'ex voto' e segni di una devozione e di una pratica magico-curativa che dura. nell'era dell'accesso e del post-moderno. Meglio così, segno che non siamo ancora del tutto privi di umanità e che l'arroganza del progresso non ha cancellato la fede nella natura.
Lungo la via si incontra la Villa della Sesta, un toponimo molto esplicito, legato forse alla antica centuriazione e alla sua viabilità, come conferma il sito archeologico che qui si trova. Camminando in questo cono di luce ci si avvicina lentamente allo spazio boscoso che si addensa sotto Sant'Angelo. La Casa Nova della fattoria Lisini si dispone lungo la via con l'armonia dei suoi volumi eleganti, la sua loggia spaziosa che sembra aprirsi a chi arriva lì sotto, con le sue arcate e il portale. Questa architettura rurale conserva alcuni elementi della tradizione rinascimentale e da questo linguaggio costruttivo emerge l'antico orgoglio signorile non del tutto sopito nelle campagne toscane.
Poco dopo si intravede da lontano l'abitato di Sant'Angelo in Colle. Allerat era il nome del presbitero longobardo che che parlava di Sant'Angelo a Liutprando in una legazione del 715. Il castello fu fortificato dai senesi dopo l'avvenuta sottomissione e poi divenne rifugio del fuoriuscitismo ghibellino. L'Ospedale senese tenne qui a lungo una delle sue grance di Maremma, una grancia ricca e bene organizzata sulla strada delle transumanze. A Sant'Angelo in Colle la sua forma a spirale di pietra e di cotto avvolge dolcemente la collina, aprendosi sugli orti minuscoli, sui giardini avari di spazio, ma non di grazia antica, dove si intrecciano roseti e cespugli di viole. Un tessuto ordinato di vicoli esce dalle mura, le casette hanno la loro piccola loggia in evidenza e la piccola comunità vive come aggrappata a questo miracolo di staticità. Sotto Sannt'Angelo si apre la Val d'Orcia ilcinese e lontano si intravede già la distesa delle colline della Maremma.
(di Fabio Pellegrini - tratto da Gazzettino e Storie del Brunello, luglio 2008)