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Da Collalli alla Ripa e ritorno

Collalli - Pieve di San Piero in Asso - Cerretello - Ripa d'Orcia - Poggio Grande - Santarello - Moiana - Cerretello
Itinerario:Ad anello
Tempo: 4 ore
Altitudine:Max. 510 m | minima 223 m
Percorso: Guardalo su Google Maps
Da Collalli alla Ripa e ritorno, ecco un anello di confine. Fra il territorio ilcinese e quello di Castiglione d'Orcia, lungo l'Asso, si uniscono due paesaggi molto diversi: quello delle Crete e quello dei monti che va a lambire la foresta ilcinese. Qui si apre uno spazio magico dove la varietà naturale si compenetra e si fa materia di incanto pittorico o fotografico, favorendo nel viaggiatore la riappropriazione inattesa di un mondo dimenticato. Qui la perifericità e la lontananza dalle ferite inferte al paesaggio dalla civiltà divengono strumenti salvifici, e camminare nel silenzio di questi luoghi ci riporta al classico e amato solvitur ambulando di antica e classica memoria. Da Collalli, che si raggiunge con facilità (volendo si può partire anche a piedi da Pian dell'Asso), si procede verso San Piero in Asso e poi da qui si punta verso l'affluente dell'Orcia, oltrepassando la ferrovia, quindi si sale a Cerretello. È da qui che ci si immette nell'anello proposto.

Lungo la strada si incontra la casa colonica di Collalli; compiendo una leggera digressione verso l'interno, una visita è d'obbligo alla cosiddetta sorgente alcalina di Collalli, dove sorgeva un tempo lo stabilimento di imbottigliamento delle acque minerali. Sconosciute ai più giovani, queste acque hanno goduto negli anni Cinquanta - come diceva Andy Warhol - il loro quarto d'ora di vera celebrità. Erano considerate terapeutiche, venivano imbottigliate ed erano molto richieste dal mercato. Poi il tempo delle acque termali è venuto meno anche qui, ma aggirando la casa colonica di Collalli si giunge dentro ad una frattura argillosa popolata di arbusti e di pini sede della antica fonte. Fino ad alcuni anni fa si potevano rinvenire carretti, cassette e bottiglie con il logo dell'acqua mitica delle Crete, oggi solo alcuni resti minori... Questa natura, che nasconde ancora i resti delle terme degli anni Cinquanta, può portare alla luce reperti di ceramica e di vetri etruscoromani che affiorano nei campi; una antica massicciata non lontana da qui racconta della presenza medievale di una vera civilizzazione in un luogo un tempo sacro per le sue acque.

A conferma di ciò ecco la presenza di alcuni segni nel podere omonimo della Pieve di San Piero in Asso, dove si scoprono alcuni decori e una parte dell'abside romanica, emergenze eloquenti incluse in una struttura architettonica posteriore. Con le pietre dell'antico monastero si racconta che fu costruito il Duomo ilcinese. La chiesa e il monastero furono fondati dal re longobardo Ariberto e la sua giurisdizione fu a lungo contesa ai vescovi aretini dagli abati di Sant'Antimo. Dove c'è una pieve, preesisteva sempre un tempio pagano e la regola diventa obbligatoria se nei paraggi si trova anche una fonte di acque termali... Le carte archeologiche confermano quanto riportato. L'atmosfera di questo luogo è poi inequivocabile e vi sono dei segni nell'armonia del paesaggio che non lasciano dubbi. Si giunge a certe conclusioni con maggiore facilità per via poetica piuttosto che per deduzione scientifica. È il valore aggiunto del sentimento che spesso aiuta più di ogni cosa a leggere il paesaggio. Inorridiranno gli archeologi, ma non certo i poeti.

Oltrepassati la ferrovia e il fiume, si sale a Cerretello e da qui ci si immette nella carrabile che prima scende e poi sale al Tigliolo e dopo poco raggiunge il Caggiolo. Tre chilometri di strada bianca che scorre in un paesaggio incantato, con alla destra la vegetazione riparia dell'Asso e a sinistra le colline che risalgono il crinale. Fra crete e zona boschiva si forma qui quella cerniera paesaggistica che lega insieme le due anime della Valdorcia, quella argillosa e quella boschiva. Qui si incontrano non solo idealmente le due culture. Al Caggiolo si vira a sinistra e dopo cinquecento metri si lascia la strada bianca per prendere il sentiero che tende a scendere verso il podere San Pietro sul fondovalle che fronteggia La Ripa. Da qui si risale alla excappella che precede il castello e ci si immette sulla strada bianca comunale che va verso San Quirico.

La Ripa è naturalmente il luogo da riscoprire, con il suo baratro scosceso a picco sul fiume, la sua struttura antica che incombe e la grande luce che attorno si apre all'improvviso. Il castello dei Piccolomini (si chiamava un tempo Ripa al Cotone, ma pare che il cotone non c'entri nulla e v'è chi legge piuttosto questa parola come Costone, per alludere alla posizione geografica del castello alla sommità di una costa rocciosa). Questo scenario della Ripa è uno dei più celebri d'Italia e recentemente la Provincia senese ha trasformato l'area in oasi naturale, individuando qui correttamente un biotopo di grande interesse naturalistico. Sotto, nelle acque del fiume Orcia, che corre sempre rapido e solenne nei momenti di grande piena, si lanciano i canoisti più spericolati e la zona è segnalata nelle carte di coloro che amano questo sport estremo. Uno di questi temerari eroi delle acque rapide l'ho personamente accompagnato in una avventura del genere e dall'alto ho potuto scoprire il fascino e l'alto dispendio adrenalinico, di uno sport estremo sconosciuto ai più in Valdorcia.

Dalla Ripa si sale verso il Poggio Grande, da dove si prende il tratto di strada bianca che vi riporta, dopo avere toccato le case coloniche del Santarello e della Moiana, al Cerretello e quindi al punto di partenza della passeggiata. Scendendo per la strada che compie delle ampie curve sulle colline ci si riappropria visivamente del paesaggio ilcinese che appare di fronte. A destra, la distesa delle Crete dell'Asso e a sinistra le colline boscose che salgono verso i Barbi, Poggiarelli, Vallafrico e Manchiara.

La camminata è di circa 12 chilometri e con un passo tranquillo si può portare a termine in quattro ore, inclusa una sosta d'obbligo alla Ripa.

(di Fabio Pellegrini - tratto da Gazzettino e Storie del Brunello, marzo 2008)